La mente tende ad esaltarsi e a dimenticare i momenti difficili dopo un successo, quando tutto va bene e si ha la sensazione che tutto sia semplice.
Per questo motivo, spesso, mi piace scrivere qualcosa quando sono nel pieno della difficoltà, quando la tensione è massima, quando ancora non si conosce l'esito della "battaglia", quando lo "stress" e lo sforzo sono al massimo; come ora!
In questi momenti, la mente è attenta, il piacere usato per rendere al massimo la funzione; è uno stato con cui convivo spesso: bisogna tenere la "chimica cerebrale" entro una soglia di guardia, sopra la quale la mente entra in blocco, come volesse auto cautelarsi.
C'e' un livello, invece, dove sembra che questa possa tenere in controllo una quasi infinita possibilità di opzioni, di strade, una quasi infinita possibilità d'informazioni, sembra come rimanere in una tensione, apparentemente insopportabile ma, dove ad un certo punto, in un certo indeterminato momento... PAFF!!
Come se ad un tratto "il Maestro", "l'Anima", vedesse la strada, ad un tratto il miracolo si possa compiere: ogni cosa, ogni piccolo ed insignificante dettaglio prende il giusto posto e quel caos ingovernabile, proprio sotto al limite di quell'auto blocco chimico-cerebrale, diventa ordine, un altro traguardo si raggiunge, la mente guadagna un ulteriore stadio...
Già, ma ora sono un po' prima di quel "PAFF", quando il caos non è ancora divenuto ordine perfetto, quando ancora "il maestro" non si è rivelato, quando ancora la sconfitta è del tutto possibile.
E' come trovarsi a fronteggiare eserciti più forti in numero e risorse, tu sei lì, ormai la fuga non e' più possibile, così ti raccogli in te stesso a cercare la forza, fino nel nucleo, a svegliare "il Maestro" del tutto indifferente alle tue battaglie, Lui che è per essenza invincibile, immutabile; eppure per esistere nel fenomeno ha bisogno del suo servo "stupido", non evoluto.
Allora, come divertito, dal e nel sua eterno essere... PAFF!!!
Mette ogni pensiero in riga, da la direzione perfetta, ti indica dove fare pulizia, quel Maestro sei tu, ora hai nelle mani la possibilità di essere invincibile, la possibilità del miracolo...
E' il momento più delicato e ne ho falliti molti nella vita...
A volte per riprendersi, ci vogliono anni, a volte, non ci si riprende più...
Un attimo prima del "PAFF", un solo attimo prima, quando già conosci le possibili conseguenze della riuscita o del fallimento, quando ancora non sai!
L'attitudine alla fortuna è tutta qui...
Ricordo due o tre momenti di fallimento grave, in uno di questi, molti anni or sono: ero a Milano per avere due risposte, per avere la risposta a due cose importanti, decisive per la mia vita... Tutte e due furono inaspettatamente negative, avevo combattuto al massimo delle mie possibilità e avevo perso...
Come in tutte le occasioni di questo tipo, c'e' sempre "l'amico stupido" che ti cerca in modo ossessivo, magari perché ha avuto un piccolo incidente ed il perito gli ha riconosciuto qualche spicciolo di meno... O cose del genere... Tu sei nella battaglia per vivere o morire e ti chiamano, chiamano e si offendono (per fortuna) per sempre... Se non rispondi...
O viceversa, lo stesso, nell'attimo della vittoria; sono anch'essi previsti dal computer, dalla scacchiera, hanno fallito il gioco, sembrano come zombie alla ricerca di prede...
Ma questa è un'altra storia...
Così nell'attimo prima del PAFF, si gioca tutto, nell'attimo dell'attitudine alla fortuna, si può giocare col Maestro, si può adeguare e perfezionare se stessi...
È un attimo, un periodo complesso, complicato, stressante, subito sotto la soglia del blocco chimico-mentale, quando ancora non si conosce l'esito della battaglia, un attimo prima dello scontro, un attimo prima del momento della verità, un attimo prima del miracolo, un attimo prima della fortuna...
Poco prima dell'alba, se potrai essere lì a goderla, ovviamente!... Un attimo prima del "PAFF"!
Qualcuno cerca la libertà fuori di sé, qualcuno la cerca dentro se stesso, qualcuno ha smesso di cercarla, altri non la cercano proprio. La libertà non è lo scopo è la conseguenza.
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mercoledì 21 settembre 2016
domenica 11 settembre 2016
Meno male che c'è dio...
Aspettare che la forza vitale rimonti, a volte, non si può fare altro.
Ti accorgi che il nastro scorrevole ti ha fatto suo, ti accorgi che è stata sufficiente una distrazione che, proprio nel momento di massima spinta, qualcosa si è messo di traverso.
Ogni pensiero, ogni scritto, viene rielaborato, viene come "assimilato" alla macchina, più sembra di acquisire intelligenza e più si viene indirizzzati in piena "gioia" sul nastro scorrevole.
E' interessante vedere come siamo prodighi di giudizi e di idee, addirittura pensiamo di essere originali, unici.
Qualche tempo fa, ho ricevuto una recensione non buona sul mio "piccolo libro"; siamo talmente automi che preferiamo giudicare, invece che cercare di metterci in discussione; mi guardo intorno, mi siedo nei ristoranti, non vedo nessuno felice, eppure, si ha la soluzione per tutto, idee e consigli per ognuno e per ogni cosa, tranne su come risolvere la propria vita, renderla felice, invece che una latrina puzzolente.
Così anche chi vive in questo modo può recensire, può dare la propria opinione; la domanda è: "Chi la certifica? Chi certifica il critico?
Credo che senza risultati, senza una vita felice, prima di una personale riuscita, le critiche come i suggerimenti siano come i consigli di un bambino ad un adulto, ad un saggio.
Un adulto, non può che provare, nella migliore delle ipotesi, tenerezza... Ogni tanto è ciò che provo ma, più che tenerezza é tristezza...
Ormai l'essere umano é incanalato e ridotto a quel nastro scorrevole, meno male che c'e' dio così può demandare a lui anche l'inevitabile e la personale responsabilità di se stesso, così può percorrere tranquillo quel nastro, che non ha sorprese, che ha inizio e fine ben disegnate e ben previste!
...
Eppure, l'essere umano ha visto epoche in cui godeva il paradiso, in cui l'unico Dio era l'essere di cui era consapevole.
È tanto tempo che non sento quel calore, quella forza, di quando passi accanto a qualcun altro, ad un Uomo ancora vivo... Si, non ci si sente mai soli però, ogni tanto, quel desiderio, quella voglia di "solletico caldo"; pancia a pancia...
Tutto di noi è solo fenomeno: il nostro corpo, la nostra mente, la nostra coscienza, il nostro tempo... Ad un certo punto, il fenomeno smette di esistere, noi usciamo di scena, semplicemente, smettiamo di esistere...
Non credo all'eternità come concetto di tempo ma, se un'eternità possiamo toccare è in questa vita, in questa unica vita.
Chi ha spinto appena avanti le proprie conoscenze e la propria coscienza, sa che non esiste un'altra vita dopo questa, sa che la coscienza, la nostra coscienza si fermerà qui, insieme a ciò che reputiamo le nostre ricchezze materiali, insieme alle nostre sicurezze...
Questo è l'unico conforto, la macchina ha comunque gia' perso, la coscienza ci è data per uno scopo; lo scopo è la possibilità del gioco, la possibilità di vincerlo.
Nell'ordine delle cose non c'e' stress né problema: ogni cosa, ogni universo, pulsa, va e torna, in un movimento senza fine.
Cosicché la pulsazione mette in vibrazione ogni materia e ciò che vibra è musica.
La nostra vita é un viaggio a ritroso verso quella musica che chiamiamo conoscenza, quando la scopriamo, ci rendiamo conto di averla sempre saputa, sempre ascoltata: musica, la vita é tutta qui.
La nostra Anima vibra, suona musica e le sue note vibrano e pulsano in ogni universo, senza fine.
Se volessimo relegare questo alla nostra mente, ai nostri desideri o volontà, sarebbe come relegare Dio al nostro infantilismo.
Meno male che c'è dio...
Meno male che ogni tanto qualche Uomo ancora passi di qua, cosicché Dio invece di doverlo salvare, possa goderlo, possa ascoltarne l'originale musica e nel fare questo possa esclamare: "Cazzo ho fatto proprio un bel lavoro!" e in quell'attimo il piccolo insignificante Uomo diviene luce, diviene eterno, Dio si è accorto di lui, lo ha goduto, non salvato. :)
... ... ...
Ti accorgi che il nastro scorrevole ti ha fatto suo, ti accorgi che è stata sufficiente una distrazione che, proprio nel momento di massima spinta, qualcosa si è messo di traverso.
Ogni pensiero, ogni scritto, viene rielaborato, viene come "assimilato" alla macchina, più sembra di acquisire intelligenza e più si viene indirizzzati in piena "gioia" sul nastro scorrevole.
E' interessante vedere come siamo prodighi di giudizi e di idee, addirittura pensiamo di essere originali, unici.
Qualche tempo fa, ho ricevuto una recensione non buona sul mio "piccolo libro"; siamo talmente automi che preferiamo giudicare, invece che cercare di metterci in discussione; mi guardo intorno, mi siedo nei ristoranti, non vedo nessuno felice, eppure, si ha la soluzione per tutto, idee e consigli per ognuno e per ogni cosa, tranne su come risolvere la propria vita, renderla felice, invece che una latrina puzzolente.
Così anche chi vive in questo modo può recensire, può dare la propria opinione; la domanda è: "Chi la certifica? Chi certifica il critico?
Credo che senza risultati, senza una vita felice, prima di una personale riuscita, le critiche come i suggerimenti siano come i consigli di un bambino ad un adulto, ad un saggio.
Un adulto, non può che provare, nella migliore delle ipotesi, tenerezza... Ogni tanto è ciò che provo ma, più che tenerezza é tristezza...
Ormai l'essere umano é incanalato e ridotto a quel nastro scorrevole, meno male che c'e' dio così può demandare a lui anche l'inevitabile e la personale responsabilità di se stesso, così può percorrere tranquillo quel nastro, che non ha sorprese, che ha inizio e fine ben disegnate e ben previste!
...
Eppure, l'essere umano ha visto epoche in cui godeva il paradiso, in cui l'unico Dio era l'essere di cui era consapevole.
È tanto tempo che non sento quel calore, quella forza, di quando passi accanto a qualcun altro, ad un Uomo ancora vivo... Si, non ci si sente mai soli però, ogni tanto, quel desiderio, quella voglia di "solletico caldo"; pancia a pancia...
Tutto di noi è solo fenomeno: il nostro corpo, la nostra mente, la nostra coscienza, il nostro tempo... Ad un certo punto, il fenomeno smette di esistere, noi usciamo di scena, semplicemente, smettiamo di esistere...
Non credo all'eternità come concetto di tempo ma, se un'eternità possiamo toccare è in questa vita, in questa unica vita.
Chi ha spinto appena avanti le proprie conoscenze e la propria coscienza, sa che non esiste un'altra vita dopo questa, sa che la coscienza, la nostra coscienza si fermerà qui, insieme a ciò che reputiamo le nostre ricchezze materiali, insieme alle nostre sicurezze...
Questo è l'unico conforto, la macchina ha comunque gia' perso, la coscienza ci è data per uno scopo; lo scopo è la possibilità del gioco, la possibilità di vincerlo.
Nell'ordine delle cose non c'e' stress né problema: ogni cosa, ogni universo, pulsa, va e torna, in un movimento senza fine.
Cosicché la pulsazione mette in vibrazione ogni materia e ciò che vibra è musica.
La nostra vita é un viaggio a ritroso verso quella musica che chiamiamo conoscenza, quando la scopriamo, ci rendiamo conto di averla sempre saputa, sempre ascoltata: musica, la vita é tutta qui.
La nostra Anima vibra, suona musica e le sue note vibrano e pulsano in ogni universo, senza fine.
Se volessimo relegare questo alla nostra mente, ai nostri desideri o volontà, sarebbe come relegare Dio al nostro infantilismo.
Meno male che c'è dio...
Meno male che ogni tanto qualche Uomo ancora passi di qua, cosicché Dio invece di doverlo salvare, possa goderlo, possa ascoltarne l'originale musica e nel fare questo possa esclamare: "Cazzo ho fatto proprio un bel lavoro!" e in quell'attimo il piccolo insignificante Uomo diviene luce, diviene eterno, Dio si è accorto di lui, lo ha goduto, non salvato. :)
... ... ...
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Fabrizio Rinaldi
mercoledì 10 giugno 2015
9 giugno 2015 - Una di quelle giornate...
Ci sono dei
giorni...
Avete presente, quando vi
alzate con quello strano presentimento?
Quando già sapete che, nella
migliore delle ipotesi, sarà una giornata "nera"?
Ovviamente, il livello
energetico è ridotto; vi siete fatti mettere troppo sotto
pressione; quei giorni in cui mancano all'appello diverse truppe e già
sapete che, anche il massimo sforzo, non solo sarà inutile, ma anche
vano.
Quelle giornate, che cominciano con le mail di qualcuno che si ricorda di imputarvi un qualche contenzioso e di ricorrere all'assistenza dell' avvocato, o di quel l'amico che proprio in quello stesso giorno, ti ricorda quell prestito ancora in sospeso?
Giornate dove avete messo troppi impegni, come se quella stessa giornata dovesse durasse una settimana?
O quelle giornate dove tutto ciò ed altro, capita contemporaneamente, come tutto si fosse dato appuntamento proprio in quel giorno...
Ricordo quando, questo tipo di giornate mi spaventavano...
Non ho ancora imparato ad evitarle e so che ne incontrerò ancora di giornate così, così come la giornata di oggi...
Però, ho imparato che riequilibrando la mente, alle "truppe" disponibili, al livello energetico contingente, il risultato si "porta a casa" comunque.
Questa sera, c"è una luce particolare nel cielo, l'aria pulita dal forte ed improvviso temporale... Il verde degli alberi e dei prati, sembra ancora più verde... E, le lucciole sembrano seguirti, coma a volerti scortare per indicarti la strada di casa...
Gioco ancora un po' con qualche immagine, prendo casualmente, dagli scaffali della memoria, qualche foto, qualche amico o nemico, gioco, mentre mi rilasso da qualche parte, lontano da questi pensieri, mi preparo già al nuovo giorno...
La vita vince sempre :)
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Fabrizio Rinaldi
sabato 5 luglio 2014
Il profumo dei Tigli.
"Il brutto e lo sciocco se la passano meglio degli altri in questo mondo; possono rimanere seduti a loro agio e seguire la commedia a bocca aperta. Se nulla sapranno della vittoria, è loro risparmiata almeno l'esperienza della sconfitta."
- O.Wilde -
... Continuo a vedere la riuscita nelle persone che incontro, negli amici, nei colleghi; in molti di loro vedo grandi possibilità e doti...Forse, semplicemente, le immagino.
Non passa giorno che, qualche amico, collega o persona con la quale ho parlato, alla quale abbia dato una possibile strada, si dimostri, invece, scarsamente lungimirante.
Come a voler dimostrare a se stessi, probabilmente in modo inconsapevole, quanto siano "bravi" e scaltri.
Costantemente fuori dalla naturale dinamica, da quell'intenzione, che comunque farà il suo corso.
Ci si riduce a seguire quelle parti non evolute, qualcuno le definisce complessi, zone inconsce.
Li vedo andare a testa basta, convinti, persino fieri, contro un muro che, troveranno di fronte ad aspettarli... Vedo tutto il film, mi dispiace ma, non riesco a fargli vedere.
Si lamentano della loro vita, a volte se la prendono con la società o con il periodo, senza voler cambiare nulla delle loro idee, delle loro strategie, senza chiedersi il perché... O porsi domande.
Ci vuole umiltà per mettersi in discussione, amore per guardarsi, volontà per cambiare, per dare la giusta strada alle proprie intenzioni.
Eseguono un programma senza che questo abbia possibilità di riuscita, senza che questo gli appartenga in alcun modo.
Poi arriva il fallimento, la depressione, la malattia, ma neanche di queste ne capiscono i motivi; si crede di essere intelligenti, nel mentre si continua a dormire, nel mentre la vita passa.
... E d'improvviso, mentre percorro quel lungo viale, arriva prepotente il delicato profumo di Tigli... e già! Fiorisce tra giugno e luglio, quanta forza arriva, dimentico ogni mio pensiero, il sottile dispiacere di vedere gli amici perdersi, è sostituito da quel profumo, che sembra occupare ogni cellula, non permettendo ad altro di occuparne il posto.
Profumo di Tigli, non l'avevo mai percepito così...
Sembra poter lavare i pensieri e rendere la mente di nuovo pronta... Di nuovo agile, di nuovo capace di leggere le intuizioni.
Quel profumo mi riporta, con forza, senza darmi scelta, alla realtà, alla natura, al naturale corso di ogni cosa, quel corso a cui possiamo solo coincidere e adeguarci.
Che bella stagione l'estate; ogni stagione, i suoi successi...
E' come se ogni azione non conforme, rispondesse ad un esatto disegno, come se, in un certo momento, ti trovassi ad un appuntamento preciso, programmato da tempo, anche da anni, al quale non puoi sottrarti.
In qualche modo ne fai parte, ancora collegato, basta un istante, non si può controllare.
Effetto rete, lavora incessantemente, muovendo ogni pedina, non se ne è mai immuni o al di fuori dalla sua azione, costantemente attiva.
...Il lungo e profumato viale è, ormai, alle spalle...
E' stato sufficiente quel tratto di strada; di nuovo coordinato, assaporo il delicato gusto della Vittoria...
Quella Vittoria che, a qualcuno, ancora interessa, che sa pagarne, in modo umile, il grande ed impegnativo prezzo...
Il viaggio continua... Ancora un po'... Ancora un po', godendo la vita... Lasciando andare, quando necessario; amici, amori, parenti, tutto... Tranne te stesso, quello vero, ovviamente, quello da cui andare a scuola, se vorrai incontrarlo o non l'avrai mai conosciuto...
Profumo di Tigli... Ancora un po'... Ancora in viaggio...
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Fabrizio Rinaldi
domenica 4 maggio 2014
Gli ottimisti vivono di più.
Gli ottimisti, vivono più a lungo; emerge da un recente studio, secondo il quale, vivono mediamente sette anni in più, rispetto agl'altri.
Ridere fa bene, pensare "positivo" fa bene.
Ma, cosa vuol dire, concretamente?
Quando le cose sembrano andare bene, l'ottimismo, non può che essere la naturale conseguenza.
Un po' più difficile esserlo, quando guardi tuo figlio, appena nato in un letto d'ospedale, non sapendo se vivrà; quando perdi il lavoro, quando le difficoltà della vita sembrano sopravanzarti.
Quando ti senti stanco, privo di energie; quando senti di non avere la forza di combattere ancora, senti vicino, la resa.
Allora l'ottimismo sembra così lontano e il vivere più a lungo, l'ultimo dei problemi.
Il carattere di un Uomo si misura dalla sua capacità di soffrire, da come affronta il dolore e la fatica.
In fondo, poi cos'è la fatica?
Forse il cuore o i polmoni che mai si fermano, faticano?
E' forse fatica, l'enorme sforzo, che compie un fiore per sbocciare?
Quella di un bimbo nel nascere?
Ci dimentichiamo di essere ottimisti, perché i problemi diventano protagonisti, eppure respiriamo, eppure, se alziamo lo sguardo, possiamo guardare l'orizzonte e più in alto, fino al cielo.
Con quelle sue sfumature di celeste e di blu, che spettacolo!
Possiamo sentire il calore del Sole, la pioggia, i profumi e la musica della vita, intorno a noi.
La vita, tanto forte, così immediata e scontata, che rischiamo persino, di non vederla più.
E allora è semplice essere ottimisti: basta ricordarsi dell'effetto rete, dei complessi, della macchina, degli stereotipi, delle morali, delle abitudini, e quasi in modo magico, eccolo lì, l'ottimismo, sembra guardarci, come a dirci: e allora? Ti eri dimenticato fossi qui?
E' così bella la vita, così bello vivere, che non essere ottimisti è quasi impossibile.
Ho fatto il pescatore, il meccanico, il bagnino, l'agente assicurativo, il promotore finanziario, sono stato in ospedale affianco a mio figlio appena nato, ho perso il lavoro varie volte, spesso, mi sono trovato nel non sapere quale strada prendere né cosa fare. Mi sono sentito perso, smarrito, impaurito, fino a provare quasi terrore. Ho passato notti insonne, perso nel non pensare. A non avere nemmeno i soldi per fare la spesa, sono stato imprenditore, ho avuto birrerie, bar, pizzerie. Ho fatto il cameriere, ho girato il mondo, ho amato molto, sofferto, vissuto.
Continuo a farlo...
Capisco la violenza negli stadi, la religione, le fedi, le morali, la pochezza, la disperazione e la rabbia, do valore al tempo.
Capisco la vita, mentre continuo a percorrerla scalzo.
Affronto le difficoltà, il dolore, mentre mi nutro di piacere...
Ho percorso migliaia di chilometri in moto, se voglio, posso guadare e vedere dentro le persone, fin quasi, a scorgerne l'anima.
Spesso, mi sono trovato nella condizione di volermi arrendere; non l'ho mai fatto.
Ho vissuto per strada e nelle stazioni, insieme a quelli che chiamano vagabondi, ho visto tante persone che amavo, morire in modo stupido.
Ho affrontato processi, ed avevo ragione...
Ho fatto così tante cose, che neanche più rammento.
Spesso abbraccio mio figlio di notte, quando sta con me e mi chiedo, se anche lui si troverà di fronte a ciò che ho affrontato io, ma soprattutto mi chiedo, il come lo affronterà...
Sono in debito con lui, un debito che non posso e non potrò pagare o forse no, forse debbo semplicemente, ancora capire molte cose, di questa strana vita.
Eppure a me interessa poco capirla, forse perché l'ho vissuta, forse perché cerco quel passaggio a nord-ovest, che mi fa anche paura.
Oggi, mi sembra tutto logico, quasi scontato...In questo granello, perso nel cosmo, che noi, chiamiamo Terra, dove l'essere umano, in modo invisibile, ha fatto la sua storia.
Come faccio a non essere ottimista, a non ridere, a non vivere!?
In fondo, quando Oscar Wilde scriveva: "Non prendere la vita troppo sul serio: comunque vada non ne uscirai vivo", si riferiva a questo, noo? :-)
...E credo, avesse ragione...
Ridere fa bene, pensare "positivo" fa bene.
Ma, cosa vuol dire, concretamente?
Quando le cose sembrano andare bene, l'ottimismo, non può che essere la naturale conseguenza.
Un po' più difficile esserlo, quando guardi tuo figlio, appena nato in un letto d'ospedale, non sapendo se vivrà; quando perdi il lavoro, quando le difficoltà della vita sembrano sopravanzarti.
Quando ti senti stanco, privo di energie; quando senti di non avere la forza di combattere ancora, senti vicino, la resa.
Allora l'ottimismo sembra così lontano e il vivere più a lungo, l'ultimo dei problemi.
Il carattere di un Uomo si misura dalla sua capacità di soffrire, da come affronta il dolore e la fatica.
In fondo, poi cos'è la fatica?
Forse il cuore o i polmoni che mai si fermano, faticano?
E' forse fatica, l'enorme sforzo, che compie un fiore per sbocciare?
Quella di un bimbo nel nascere?
Ci dimentichiamo di essere ottimisti, perché i problemi diventano protagonisti, eppure respiriamo, eppure, se alziamo lo sguardo, possiamo guardare l'orizzonte e più in alto, fino al cielo.
Con quelle sue sfumature di celeste e di blu, che spettacolo!
Possiamo sentire il calore del Sole, la pioggia, i profumi e la musica della vita, intorno a noi.
La vita, tanto forte, così immediata e scontata, che rischiamo persino, di non vederla più.
E allora è semplice essere ottimisti: basta ricordarsi dell'effetto rete, dei complessi, della macchina, degli stereotipi, delle morali, delle abitudini, e quasi in modo magico, eccolo lì, l'ottimismo, sembra guardarci, come a dirci: e allora? Ti eri dimenticato fossi qui?
E' così bella la vita, così bello vivere, che non essere ottimisti è quasi impossibile.
Ho fatto il pescatore, il meccanico, il bagnino, l'agente assicurativo, il promotore finanziario, sono stato in ospedale affianco a mio figlio appena nato, ho perso il lavoro varie volte, spesso, mi sono trovato nel non sapere quale strada prendere né cosa fare. Mi sono sentito perso, smarrito, impaurito, fino a provare quasi terrore. Ho passato notti insonne, perso nel non pensare. A non avere nemmeno i soldi per fare la spesa, sono stato imprenditore, ho avuto birrerie, bar, pizzerie. Ho fatto il cameriere, ho girato il mondo, ho amato molto, sofferto, vissuto.
Continuo a farlo...
Capisco la violenza negli stadi, la religione, le fedi, le morali, la pochezza, la disperazione e la rabbia, do valore al tempo.
Capisco la vita, mentre continuo a percorrerla scalzo.
Affronto le difficoltà, il dolore, mentre mi nutro di piacere...
Ho percorso migliaia di chilometri in moto, se voglio, posso guadare e vedere dentro le persone, fin quasi, a scorgerne l'anima.
Spesso, mi sono trovato nella condizione di volermi arrendere; non l'ho mai fatto.
Ho vissuto per strada e nelle stazioni, insieme a quelli che chiamano vagabondi, ho visto tante persone che amavo, morire in modo stupido.
Ho affrontato processi, ed avevo ragione...
Ho fatto così tante cose, che neanche più rammento.
Spesso abbraccio mio figlio di notte, quando sta con me e mi chiedo, se anche lui si troverà di fronte a ciò che ho affrontato io, ma soprattutto mi chiedo, il come lo affronterà...
Sono in debito con lui, un debito che non posso e non potrò pagare o forse no, forse debbo semplicemente, ancora capire molte cose, di questa strana vita.
Eppure a me interessa poco capirla, forse perché l'ho vissuta, forse perché cerco quel passaggio a nord-ovest, che mi fa anche paura.
Oggi, mi sembra tutto logico, quasi scontato...In questo granello, perso nel cosmo, che noi, chiamiamo Terra, dove l'essere umano, in modo invisibile, ha fatto la sua storia.
Come faccio a non essere ottimista, a non ridere, a non vivere!?
In fondo, quando Oscar Wilde scriveva: "Non prendere la vita troppo sul serio: comunque vada non ne uscirai vivo", si riferiva a questo, noo? :-)
...E credo, avesse ragione...
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Fabrizio Rinaldi
venerdì 5 luglio 2013
Così...
Così, mescolo i pensieri, li mischio come carte nelle agili mani, di un esperto giocatore.
Così, come le singole carte, anche i pensieri si susseguono, nessuno è importante, nessuno riesce a carpire la mia attenzione.
Così, come l'esperto giocatore, continuo ad usarli, senza credere a nessuno di essi.
Così, mentre intorno continuano a scorrere paesaggi, mi godo mio figlio mentre dorme, in braccio a me. Non c'è un posto vuoto, in questo treno che corre verso una di quelle rare cose, che mi tengono ancorato alla realtà di questa storia, la mia storia.
Così, mentre m'interrogo su cose, di cui non m'interessa la risposta, il viaggio prosegue.
Così, come la vita è nel viaggio e non nei progetti che si fanno, allo stesso modo, continuo a far scorrere i pensieri, per stare nel viaggio. Inutile, chiedersi dove sia finita, quella magia...Quel profumo di mare, che, se pur per un breve attimo, mi aveva rapito, restituendomi calma, mi aveva fatto pensare, che la mia visione poteva realizzarsi...Solo pensieri, nel mentre il viaggio prosegue.
Così, sono nel viaggio, lottando per quell'unico punto, che sento reale...Il Centro!
C'è una libertà, che non si può spiegare, una libertà di cui non si riescono a percepire confini, nel mentre ti approssimi al Centro.
Così, mentre danzo sotto la pioggia, capisco, che possiamo essere liberi, esclusivamente fuori, da ciò che riteniamo certo ed assoluto, solo nell'approssimarsi e mantenendo il Centro, si può beneficiare della Libertà.
Così, impari che la libertà, come, del resto, tutte le cose davvero importanti, non sono come credevi che fossero, così come ti avevano insegnato, condizionato a pensare.
Impari ad essere madre e padre di te stesso. Impari ad essere costantemente fuori, dalle altrui pretese, fuori da quel gioco di macchine, dove tutto è già codificato. Impari a sorridere alle persone, che nell'inutile tentativo di trovare cibo per i loro complessi, cercano, vorrebbero forzosamente, inserirti in quegli schemi, negli angusti e pudriti percorsi, che non ti appartengono più. Sorrido, ognuna con le sue pretese (tutte uguali), come zombie in cerca di vita. Incentrati su tutte le cose che vorrebbero, incapaci, impossibilitati al dare incondizionato.
Così, sorrido, senza chiedere nulla a nessuno, proseguo il viaggio. Libero, danzo sotto la pioggia, affronto i problemi da Uomo. Sorrido alle critiche, agli attacchi, alle pretese; dovrei reagire, forse arrabbiarmi, ma a cosa servirebbe.
Così, pago il prezzo ogni giorno, affronto problemi e situazioni capaci di annichilire chiunque, ma io so danzare sotto la pioggia.
Così, solitario, continuo la mia strada, scalzo mi godo il viaggio, che ho deciso d'intraprendere...O il Centro o nulla, nessun compromesso, qualsiasi prezzo...
Così, come esperto giocatore, ho giocato in ogni campo, conosco tutte le carte, sorrido, dov'è finita quella magia, l'intelligenza di una Donna...Quella che, probabilmente, solo io vedevo...
Così, mi affido al Centro, lui m'indicherà il sentiero, renderà possibili altri miracoli, che ora, non solo, sono impossibili, ma neanche, posso vedere, immaginare.
Semplicemente...Così...
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Fabrizio Rinaldi
mercoledì 27 febbraio 2013
Semplicemente...Un copione!
Crediamo di pensare, di riflettere;
siamo convinti di avere idee proprie, a volte, persino riteniamo, di essere liberi.
Eppure, semplicemente guardando, con l'intero, che siamo;
si vede che tutto è codificato.
Passiamo molto tempo a scegliere: vestiti, scarpe, tutto ciò che compriamo e quando, poi, si osserva attorno, tutto, in realtà, è già stabilito, predefinito e predeterminato.
...Vari "tipi" di camminata, anch'essi abbinati al modello che quel giorno s'indossa, quel modo di guardare o di non guardare, quelle frasi da usare al telefono o quelle parole da utilizzare in caso servissero; il tutto senza esserci.
Un copione che in modo automatico si ripete, ognuno ha il suo od almeno crede di averlo.
Quei "quattro" pensieri, che ci ripetiamo ogni giorno, facendo finta di non accorgersi, che sono sempre gli stessi. Anche i soliti, campionati problemi, sono sempre uguali, immutabili. Quando si prova, se ci si prova, a riferirsi a se stessi, si è costretti a ricorrere a pensieri, anch'essi campionati. Quei pochi che si chiedono ancora: "Io chi sono?". Hanno bisogno di schemi, parole da dirsi. Si definisce anche l'anima, come se fosse altro da se stessi. Eppure, mi chiedo, chi davvero la senta; la sia.
Ed intanto la Vita scorre.
La cosa che intenerisce e fa sorridere, è che poi si abbia la presunzione di credere, di avere un'individualità, s'immagina di poter essere creativi, si sia convinti, addirittura, di vivere. Semplicemente si esiste, senza mai Essere.
Mi guardo intorno, anche ora, e vedo solo codici.
Le emozioni, la vita, sembrano scorrere, senza interagire, senza intercettare gli uomini, sembrano essere altro.
...C'è chi fuma, chi no; chi grida, chi no;
il manager impegnato; il senza tetto all'angolo della stazione; l'avvocato ed il prete; la donna che cammina sui tacchi, quella che la guarda, pensando al suo turno; il poliziotto ed il ladro. Ogni cosa, ogni ruolo è già previsto, in nessuno scorre vita, nessun sorriso, nessuna vera emozione, nessun reale progress.
Ombre insicure, che cercano gli sguardi di altre ombre: ombre che cercano conferme, in altre ombre.
Pensieri, poggiati sul nulla, che vorrebbero improbabili sicurezze. Sicurezze del niente.
Le sicurezze, le certezze, non esistono; sono anch'esse parte e frutto di quel mondo immaginifico che si ritiene reale e per il quale, ci si immola e si resta nel vuoto.
Ogni tanto, viene la tentazione di sentirsi soli, anche se ciò, non è possibile.
Ti godi quel calore della pancia, sai che tutto ciò che ti serve è già con te.
L'unica libertà che abbiamo, è esclusivamente quella di poter sbagliare la propria vita.
Amo quel calore, il vibrare in risonanza di quelle cellule, che mi legano al mondo reale, di cui sento, spesso, nostalgia.
A volte, si ha l'impressione, che la vita invii dei Saggi, dei veri leader; sembrano Esseri invincibili, eppure sono quelli disposti a pagare, e lo fanno, il prezzo più alto. Sono la vera provvidenza, stimolatori infiniti di Vita.
Vivono esclusivamente nella creatività, il copione, la macchina, non trovano nulla da poter "aggredire", non possono intercettarli; il loro sorriso sornione, sottolinea che la vita, che l'Essere è invincibile, perché ha già vinto, è già fuori dal gioco.
Qualcuno ha il desiderio di volerli cercare, di poterli incontrare, proprio in quel tratto di storia, che si ha il privilegio di poter condividere.
Sembrano non avere un passato, il loro sguardo è già nell'eterno, il seme che pongono, genera risultati, che vanno oltre le generazioni, la loro azione cambia il mondo.
Ho avuto la fortuna d'incontrare uno di questi Uomini; però, non è importante, che si sia tutti geni, scienziati od altro; l'unica cosa che davvero conta, è quella di realizzare il proprio pieno, il proprio progetto originario ed unico: piccolo o grande che sia, fuori da ogni copione, ovviamente!
siamo convinti di avere idee proprie, a volte, persino riteniamo, di essere liberi.
Eppure, semplicemente guardando, con l'intero, che siamo;
si vede che tutto è codificato.
Passiamo molto tempo a scegliere: vestiti, scarpe, tutto ciò che compriamo e quando, poi, si osserva attorno, tutto, in realtà, è già stabilito, predefinito e predeterminato.
...Vari "tipi" di camminata, anch'essi abbinati al modello che quel giorno s'indossa, quel modo di guardare o di non guardare, quelle frasi da usare al telefono o quelle parole da utilizzare in caso servissero; il tutto senza esserci.
Un copione che in modo automatico si ripete, ognuno ha il suo od almeno crede di averlo.
Quei "quattro" pensieri, che ci ripetiamo ogni giorno, facendo finta di non accorgersi, che sono sempre gli stessi. Anche i soliti, campionati problemi, sono sempre uguali, immutabili. Quando si prova, se ci si prova, a riferirsi a se stessi, si è costretti a ricorrere a pensieri, anch'essi campionati. Quei pochi che si chiedono ancora: "Io chi sono?". Hanno bisogno di schemi, parole da dirsi. Si definisce anche l'anima, come se fosse altro da se stessi. Eppure, mi chiedo, chi davvero la senta; la sia.
Ed intanto la Vita scorre.
La cosa che intenerisce e fa sorridere, è che poi si abbia la presunzione di credere, di avere un'individualità, s'immagina di poter essere creativi, si sia convinti, addirittura, di vivere. Semplicemente si esiste, senza mai Essere.
Mi guardo intorno, anche ora, e vedo solo codici.
Le emozioni, la vita, sembrano scorrere, senza interagire, senza intercettare gli uomini, sembrano essere altro.
...C'è chi fuma, chi no; chi grida, chi no;
il manager impegnato; il senza tetto all'angolo della stazione; l'avvocato ed il prete; la donna che cammina sui tacchi, quella che la guarda, pensando al suo turno; il poliziotto ed il ladro. Ogni cosa, ogni ruolo è già previsto, in nessuno scorre vita, nessun sorriso, nessuna vera emozione, nessun reale progress.
Ombre insicure, che cercano gli sguardi di altre ombre: ombre che cercano conferme, in altre ombre.
Pensieri, poggiati sul nulla, che vorrebbero improbabili sicurezze. Sicurezze del niente.
Le sicurezze, le certezze, non esistono; sono anch'esse parte e frutto di quel mondo immaginifico che si ritiene reale e per il quale, ci si immola e si resta nel vuoto.
Ogni tanto, viene la tentazione di sentirsi soli, anche se ciò, non è possibile.
Ti godi quel calore della pancia, sai che tutto ciò che ti serve è già con te.
L'unica libertà che abbiamo, è esclusivamente quella di poter sbagliare la propria vita.
Amo quel calore, il vibrare in risonanza di quelle cellule, che mi legano al mondo reale, di cui sento, spesso, nostalgia.
A volte, si ha l'impressione, che la vita invii dei Saggi, dei veri leader; sembrano Esseri invincibili, eppure sono quelli disposti a pagare, e lo fanno, il prezzo più alto. Sono la vera provvidenza, stimolatori infiniti di Vita.
Vivono esclusivamente nella creatività, il copione, la macchina, non trovano nulla da poter "aggredire", non possono intercettarli; il loro sorriso sornione, sottolinea che la vita, che l'Essere è invincibile, perché ha già vinto, è già fuori dal gioco.
Qualcuno ha il desiderio di volerli cercare, di poterli incontrare, proprio in quel tratto di storia, che si ha il privilegio di poter condividere.
Sembrano non avere un passato, il loro sguardo è già nell'eterno, il seme che pongono, genera risultati, che vanno oltre le generazioni, la loro azione cambia il mondo.
Ho avuto la fortuna d'incontrare uno di questi Uomini; però, non è importante, che si sia tutti geni, scienziati od altro; l'unica cosa che davvero conta, è quella di realizzare il proprio pieno, il proprio progetto originario ed unico: piccolo o grande che sia, fuori da ogni copione, ovviamente!
Pubblicato da
Fabrizio Rinaldi
martedì 28 febbraio 2012
Quattro mesi.
"Oggi scrivo per me...e per pochi amici"
ORA
Questa notte...
Fino a che punto ci si può spingere, fino a che punto... Cerco di mettere in discussione me stesso ogni giorno, metto in discussione anche il fatto che davvero mi metta in discussione. Ho deciso, ormai da oltre un anno, di sposare un progetto, di realizzare un sogno.
...Così approfittando di una grossa difficoltà, ho deciso di mettermi da parte, ho lasciato il timone, perché ciò che metto maggiormente in discussione è il Capitano e questa volta il capitano ero io.
Ho lasciato il timone...mi sono messo a guardare, ciò che i miei amici, i miei compagni avrebbero fatto, avrei voluto contribuire ai loro progressi da un altro punto di vista; questa volta.
Avrei voluto godermi l'avvicinamento, il piacere di vederli procedere, ed io con loro, veloci con un leader migliore di me.
Finalmente; avrei avuto solo le responsabilità mie, finalmente avrei lasciato l'enorme responsabilità della nave e come equipaggio mi sarei goduto maggiormente il mare.
Il piacere più grande, quello sommo, per un leader è quello di far diventare leader gli altri. Credo che sia uno dei Piaceri della vita, per i Signori della vita!
...Sono passati due mesi dei sei della prova d'appello, mancano quattro mesi alla data inderogabile, ho remato con loro come equipaggio; ho visto venir fuori i loro aspetti migliori, gli ho visti futuri leader e sono stato bene; ho riso e giocato, di nuovo il mio essere giocoso è emerso...
Questa notte...
Ma ogni leader conosce la notte!
E questa notte; ho ripreso il timone, quattro mesi sono pochi e dopo aver avuto oltre un anno a disposizione, la responsabilità della vittoria deve essere la mia; non posso gravare i miei amici, i miei compagni di questo.
Sono sicuro che sarebbero arrivati a meta, ma quattro mesi sono pochi...
Ogni gruppo ha le sue dinamiche, crea le sue dinamiche...quattro mesi...questa notte.
Basta giocare, entrerò nelle dinamiche e le cambierò o queste vinceranno!
Basta far finta di non vedere...di non capire...di giocare.
Ora voglio vincere, ora voglio vincere con loro.
Questa notte, di nuovo mi godo le responsabilità, non ho scelta, non sono libero.
Non posso non vincere, se perdo io, perdiamo noi...se perdiamo noi, perdo io.
Di nuovo al timone...mi godo il viaggio...mi godo il mare...
Quattro mesi.
ORA
Questa notte...
Fino a che punto ci si può spingere, fino a che punto... Cerco di mettere in discussione me stesso ogni giorno, metto in discussione anche il fatto che davvero mi metta in discussione. Ho deciso, ormai da oltre un anno, di sposare un progetto, di realizzare un sogno.
...Così approfittando di una grossa difficoltà, ho deciso di mettermi da parte, ho lasciato il timone, perché ciò che metto maggiormente in discussione è il Capitano e questa volta il capitano ero io.
Ho lasciato il timone...mi sono messo a guardare, ciò che i miei amici, i miei compagni avrebbero fatto, avrei voluto contribuire ai loro progressi da un altro punto di vista; questa volta.
Avrei voluto godermi l'avvicinamento, il piacere di vederli procedere, ed io con loro, veloci con un leader migliore di me.
Finalmente; avrei avuto solo le responsabilità mie, finalmente avrei lasciato l'enorme responsabilità della nave e come equipaggio mi sarei goduto maggiormente il mare.
Il piacere più grande, quello sommo, per un leader è quello di far diventare leader gli altri. Credo che sia uno dei Piaceri della vita, per i Signori della vita!
...Sono passati due mesi dei sei della prova d'appello, mancano quattro mesi alla data inderogabile, ho remato con loro come equipaggio; ho visto venir fuori i loro aspetti migliori, gli ho visti futuri leader e sono stato bene; ho riso e giocato, di nuovo il mio essere giocoso è emerso...
Questa notte...
Ma ogni leader conosce la notte!
E questa notte; ho ripreso il timone, quattro mesi sono pochi e dopo aver avuto oltre un anno a disposizione, la responsabilità della vittoria deve essere la mia; non posso gravare i miei amici, i miei compagni di questo.
Sono sicuro che sarebbero arrivati a meta, ma quattro mesi sono pochi...
Ogni gruppo ha le sue dinamiche, crea le sue dinamiche...quattro mesi...questa notte.
Basta giocare, entrerò nelle dinamiche e le cambierò o queste vinceranno!
Basta far finta di non vedere...di non capire...di giocare.
Ora voglio vincere, ora voglio vincere con loro.
Questa notte, di nuovo mi godo le responsabilità, non ho scelta, non sono libero.
Non posso non vincere, se perdo io, perdiamo noi...se perdiamo noi, perdo io.
Di nuovo al timone...mi godo il viaggio...mi godo il mare...
Quattro mesi.
Pubblicato da
Fabrizio Rinaldi
lunedì 19 dicembre 2011
Passaggio a nord ovest
Questa sera avevo desiderio di scrivere un altro capitolo su quello che ho chiamato "Il sogno...ciò che serve per realizzarlo", ma come ogni volta prima di scrivere, faccio un "breve inventario" di me stesso.
Prendo maggiore coscienza delle sensazioni viscerali, cerco di capire se la testa è in grado di seguirle e, dopo aver scelto una fotografia tra quelle selezionate e titolate senza un vero ragionamento, scrivo di getto ciò che sento.
Saranno in tutto 21 capitoli, oggi sarebbe stata la volta del quattordicesimo, se non sbaglio.
Sarebbe stata, perché le sensazioni viscerali che percepisco sono solo simili a solchi tracciati con affilate lame e la testa è così pesante e intorpidita da credere quasi a se stessa, come se potessi credere che i vestiti che indosso o ciò che vedo nello specchio potessi essere io.
Oggi è il 19 dicembre 2011, sono in quello che gli uomini chiamano ospedale, un piccolo bambino dorme di fronte a me, a fatica vedo i tasti del computer poggiato sul carrellino che serve per mangiare quando si è a letto.
Tutto qui è sigillato, finestre, porte e l'aria che forzosamente viene immessa fa vibrare qualche pannello del controsoffitto senza sosta, attraverso i vetri posso vedere, oltre alla cupola della basilica di San Pietro, molte luci colorate ed intermittenti: mi ricordano che tra pochi giorni sarà Natale.
Non so se troverò mai il mio passaggio a nord-ovest, però è l'unico motivo per cui abbia un senso vivere per me.
Riesco a dare un senso a molte cose che vedo, poi mi domando se il senso che gli do sia vero, se davvero ci sia un motivo.
A me interessa esclusivamente capire, oltre ogni morale, oltre ogni emozione, mi interessa solo quel passaggio, quello a nord-ovest.
Nella stanza dove sono, ci sono due piccoli letti e due poltrone, che di notte fungono da materasso per il genitore che deve rimanere accanto al proprio figlio.
La scorsa notte il piccolo letto affianco a me era occupato da un bambino di 4 anni, che aveva subito un'operazione al cervello con lo scopo di asportare un tumore ed a causa di questa, era divenuto cieco.
Davide, così si chiama.
Un bambino moto vitale, che sembrava per nulla turbato dal fatto di non vedere, camminava per la stanza, correva, giocava.
La madre gli spiegava di me e di Jonathan, allora lui si è avvicinato a noi per poterlo conoscere, ha infilato la sua piccola mano attraverso la spalliera del letto e delicatamente lo ha toccato, esclamando allo stesso tempo "Com'è piccolo!". Lui è?
E' proprio vero che tutto è relativo.
La madre, in attesa di un altro figlio ed ormai oltre l'ottavo mese, mi spiegava che la malattia, così chiamava il tumore al cervello di suo figlio, si era fatta di nuovo viva in un'altra zona dopo due anni di chemioterapia, per questo motivo, suo figlio doveva sottoporsi ad altro e difficilissimo intervento.
Chi ha vissuto queste situazioni, sa che non è come parlare con un amico davanti ad un buon piatto di pasta, qui racconti qualcosa al tuo vicino di letto nel tentativo di rendere meno penoso ciò che stai vivendo e questo avviene mentre cerchi di stare attento a tuo figlio, che non cada dal letto o che non si strappi via qualche ago o qualche strana sonda, e tutto questo, mentre infermieri ed infermiere di ogni tipo passano facendo qualcosa in ogni momento.
Neurochirurgia pediatrica è un reparto molto particolare, chi passa di qui conosce la vita da un punto di vista non comune e purtroppo lo conosco da molto tempo.
Nel frattempo è arrivato il padre, un simpatico muratore ancora non quarantenne, motivato e fortemente deciso a passare la notte con il figlio, ben conscio che potrebbe essere l'ultima.
Ovviamente io, sono il meno organizzato di tutti, non ho portato quasi nulla con me, ne tanto meno qualche gioco, così ché loro avvedutosi di questo non fanno altro che passarmi qualche giocattolo del figlio, stando attenti a che lui, molto geloso, non se ne accorga: "Tanto non vede.".
Mi raccontano che loro si comportano con il figlio come se vedesse, in effetti il figlio non sembra cieco, poi il padre mi domanda di che squadra sono e quasi deluso dalla mia risposta di laconica indifferenza, m'informa che se anche il televisore si vede male, questa sera ci saranno due partite, tra cui la Roma che gioca con il Napoli.
In effetti, poco più tardi, approfitto della sua presenza in stanza, mentre guarda con un certo interesse la partita, per scendere un minuto a respirare un po' d'aria; meglio lo smog che quest'aria forzata d'ospedale.
Così cerco di ritrovare un po' di lucidità lasciando andare lo sguardo sul panorama che dal Gianicolo si gode. Quante volte ho guardato la città da quassù, la stessa città, ma ogni volta un'orizzonte diverso.
E' proprio così: ciò che guardiamo, ogni cosa, è solo una scusa, un pretesto, in realtà ciò che vediamo è dentro di noi.
Di nuovo in stanza, mi aggiorna del risultato della partita, sorrido dentro di me, mi sdraio come posso nel piccolo letto, abbraccio Jonathan che ogni tanto con quella confusione sussulta un po'.
Nessun pensiero, cerco solo la strada attraverso quelle cupe sensazioni...
Chi ha accompagnato un figlio ancor prima che compisse la sua prima settimana di vita, su un tavolo operatorio e vede il suo sguardo disperato mentre gli premono a forza una mascherina per addormentarlo è una persona a cui non si può più far male, perché anche il dolore più forte ha il senso di una carezza.
Mentre scrivo ogni tanto sento i respiri più profondi di Jonathan, che ormai non mi crede più quando gli dico di non preoccuparsi, ormai conosce i colori dei camici, però non ha altra scelta che aggrapparsi a me in quell'inutile e disperato tentativo di eluderli, piange, ma appena può, torna a sorridere e a giocare come se niente fosse accaduto.
Sono perfettamente consapevole che l'inferno esiste in terra, l'inferno sono i complessi psicologici umani e ciò che questi generano.
In un momento tutto è chiaro: zombi attratti da altri zombi.
Come in un grande circo dove ci sono i clown, gli addestratori, gli acrobati, ecc.; qui ci sono i volontari, le suore, i preti, le donne delle pulizie, gli allievi, ecc.
Ognuno recita un copione, solo per raccogliere briciole di disperazione.
Le persone sono qui, ed anche io, per un preciso motivo, per un preciso errore.
A volte ho la forte percezione di vedere questi errori, di vedere questi esseri, come ombre di un'umanità che non potranno essere e che neanche sospetteranno mai possa esistere.
"Lascia che i morti seppelliscano i propri morti."
Tante cose mi diventano chiare; è un enorme inganno che si paga con sofferenze non descrivibili, ma pur sempre un inganno.
Qualcosa preclude il passaggio a nord-ovest, qualcosa cela la semplice via di ciò che la vita in se tranquillamente prevede; qualcosa di dannatamente forte e che trae forza dalla stessa vita.
Se il gioco, come penso, è perfetto, niente può essere più forte della nostra Anima, ed allora perché spesso questa perde? Alla fine questa non perde mai; esclusivamente noi perdiamo.
Mi torna alla mente l'antica dicotomia tra il bene ed il male; ovviamente il Bene è più forte perché in grado di vita "autonoma", ma spesso vince il male; in quanto, privo di forza in se, trae il suo vigore dal bene stesso.
In quest'ottica la lotta tra il bene ed il male è una falsa dicotomia; personalmente, non credo che esista.
Inizia ad esistere esclusivamente quando il "Bene" comincia a farsi corrompere, quindi, ha già perso; quando la nostra anima permette di farsi condurre da qualche pensiero, quindi, comincia a farsi alterare, a qual punto ha già perso.
E' come se credessimo, guardandoci allo specchio, che noi siamo i nostri vestiti, che noi siamo l'immagine che vediamo riflessa. E' come se credessimo che i nostri pensieri sono noi. E' come se cominciassimo a credere che la nostra Anima possa adeguarsi ai nostri pensieri.
Eppure molta dell'umanità che conosco è talmente presuntuosa d' immaginare che la propria morale, i propri valori, il proprio credo, possa essere vero ed assoluto, funzionale e magari anche risolutivo.
Io so che nessuna convinzione, nessuna morale, nessun credo è in grado di salvare anche una sola anima; esiste un solo modo, adeguare i pensieri all'Anima e non viceversa,
questo è l'unico modo di trovare quel passaggio a nord-ovest....
Sono stanco e mentre qualche bambino ancora piange, un' altra notte all'inferno mi attende, ed io gli andrò incontro nell'unico modo che conosco: a piedi scalzi, da Uomo...
... sono ancora in viaggio.
Prendo maggiore coscienza delle sensazioni viscerali, cerco di capire se la testa è in grado di seguirle e, dopo aver scelto una fotografia tra quelle selezionate e titolate senza un vero ragionamento, scrivo di getto ciò che sento.
Saranno in tutto 21 capitoli, oggi sarebbe stata la volta del quattordicesimo, se non sbaglio.
Sarebbe stata, perché le sensazioni viscerali che percepisco sono solo simili a solchi tracciati con affilate lame e la testa è così pesante e intorpidita da credere quasi a se stessa, come se potessi credere che i vestiti che indosso o ciò che vedo nello specchio potessi essere io.
Oggi è il 19 dicembre 2011, sono in quello che gli uomini chiamano ospedale, un piccolo bambino dorme di fronte a me, a fatica vedo i tasti del computer poggiato sul carrellino che serve per mangiare quando si è a letto.
Tutto qui è sigillato, finestre, porte e l'aria che forzosamente viene immessa fa vibrare qualche pannello del controsoffitto senza sosta, attraverso i vetri posso vedere, oltre alla cupola della basilica di San Pietro, molte luci colorate ed intermittenti: mi ricordano che tra pochi giorni sarà Natale.
Non so se troverò mai il mio passaggio a nord-ovest, però è l'unico motivo per cui abbia un senso vivere per me.
Riesco a dare un senso a molte cose che vedo, poi mi domando se il senso che gli do sia vero, se davvero ci sia un motivo.
A me interessa esclusivamente capire, oltre ogni morale, oltre ogni emozione, mi interessa solo quel passaggio, quello a nord-ovest.
Nella stanza dove sono, ci sono due piccoli letti e due poltrone, che di notte fungono da materasso per il genitore che deve rimanere accanto al proprio figlio.
La scorsa notte il piccolo letto affianco a me era occupato da un bambino di 4 anni, che aveva subito un'operazione al cervello con lo scopo di asportare un tumore ed a causa di questa, era divenuto cieco.
Davide, così si chiama.
Un bambino moto vitale, che sembrava per nulla turbato dal fatto di non vedere, camminava per la stanza, correva, giocava.
La madre gli spiegava di me e di Jonathan, allora lui si è avvicinato a noi per poterlo conoscere, ha infilato la sua piccola mano attraverso la spalliera del letto e delicatamente lo ha toccato, esclamando allo stesso tempo "Com'è piccolo!". Lui è?
E' proprio vero che tutto è relativo.
La madre, in attesa di un altro figlio ed ormai oltre l'ottavo mese, mi spiegava che la malattia, così chiamava il tumore al cervello di suo figlio, si era fatta di nuovo viva in un'altra zona dopo due anni di chemioterapia, per questo motivo, suo figlio doveva sottoporsi ad altro e difficilissimo intervento.
Chi ha vissuto queste situazioni, sa che non è come parlare con un amico davanti ad un buon piatto di pasta, qui racconti qualcosa al tuo vicino di letto nel tentativo di rendere meno penoso ciò che stai vivendo e questo avviene mentre cerchi di stare attento a tuo figlio, che non cada dal letto o che non si strappi via qualche ago o qualche strana sonda, e tutto questo, mentre infermieri ed infermiere di ogni tipo passano facendo qualcosa in ogni momento.
Neurochirurgia pediatrica è un reparto molto particolare, chi passa di qui conosce la vita da un punto di vista non comune e purtroppo lo conosco da molto tempo.
Nel frattempo è arrivato il padre, un simpatico muratore ancora non quarantenne, motivato e fortemente deciso a passare la notte con il figlio, ben conscio che potrebbe essere l'ultima.
Ovviamente io, sono il meno organizzato di tutti, non ho portato quasi nulla con me, ne tanto meno qualche gioco, così ché loro avvedutosi di questo non fanno altro che passarmi qualche giocattolo del figlio, stando attenti a che lui, molto geloso, non se ne accorga: "Tanto non vede.".
Mi raccontano che loro si comportano con il figlio come se vedesse, in effetti il figlio non sembra cieco, poi il padre mi domanda di che squadra sono e quasi deluso dalla mia risposta di laconica indifferenza, m'informa che se anche il televisore si vede male, questa sera ci saranno due partite, tra cui la Roma che gioca con il Napoli.
In effetti, poco più tardi, approfitto della sua presenza in stanza, mentre guarda con un certo interesse la partita, per scendere un minuto a respirare un po' d'aria; meglio lo smog che quest'aria forzata d'ospedale.
Così cerco di ritrovare un po' di lucidità lasciando andare lo sguardo sul panorama che dal Gianicolo si gode. Quante volte ho guardato la città da quassù, la stessa città, ma ogni volta un'orizzonte diverso.
E' proprio così: ciò che guardiamo, ogni cosa, è solo una scusa, un pretesto, in realtà ciò che vediamo è dentro di noi.
Di nuovo in stanza, mi aggiorna del risultato della partita, sorrido dentro di me, mi sdraio come posso nel piccolo letto, abbraccio Jonathan che ogni tanto con quella confusione sussulta un po'.
Nessun pensiero, cerco solo la strada attraverso quelle cupe sensazioni...
Chi ha accompagnato un figlio ancor prima che compisse la sua prima settimana di vita, su un tavolo operatorio e vede il suo sguardo disperato mentre gli premono a forza una mascherina per addormentarlo è una persona a cui non si può più far male, perché anche il dolore più forte ha il senso di una carezza.
Mentre scrivo ogni tanto sento i respiri più profondi di Jonathan, che ormai non mi crede più quando gli dico di non preoccuparsi, ormai conosce i colori dei camici, però non ha altra scelta che aggrapparsi a me in quell'inutile e disperato tentativo di eluderli, piange, ma appena può, torna a sorridere e a giocare come se niente fosse accaduto.
Sono perfettamente consapevole che l'inferno esiste in terra, l'inferno sono i complessi psicologici umani e ciò che questi generano.
In un momento tutto è chiaro: zombi attratti da altri zombi.
Come in un grande circo dove ci sono i clown, gli addestratori, gli acrobati, ecc.; qui ci sono i volontari, le suore, i preti, le donne delle pulizie, gli allievi, ecc.
Ognuno recita un copione, solo per raccogliere briciole di disperazione.
Le persone sono qui, ed anche io, per un preciso motivo, per un preciso errore.
A volte ho la forte percezione di vedere questi errori, di vedere questi esseri, come ombre di un'umanità che non potranno essere e che neanche sospetteranno mai possa esistere.
"Lascia che i morti seppelliscano i propri morti."
Tante cose mi diventano chiare; è un enorme inganno che si paga con sofferenze non descrivibili, ma pur sempre un inganno.
Qualcosa preclude il passaggio a nord-ovest, qualcosa cela la semplice via di ciò che la vita in se tranquillamente prevede; qualcosa di dannatamente forte e che trae forza dalla stessa vita.
Se il gioco, come penso, è perfetto, niente può essere più forte della nostra Anima, ed allora perché spesso questa perde? Alla fine questa non perde mai; esclusivamente noi perdiamo.
Mi torna alla mente l'antica dicotomia tra il bene ed il male; ovviamente il Bene è più forte perché in grado di vita "autonoma", ma spesso vince il male; in quanto, privo di forza in se, trae il suo vigore dal bene stesso.
In quest'ottica la lotta tra il bene ed il male è una falsa dicotomia; personalmente, non credo che esista.
Inizia ad esistere esclusivamente quando il "Bene" comincia a farsi corrompere, quindi, ha già perso; quando la nostra anima permette di farsi condurre da qualche pensiero, quindi, comincia a farsi alterare, a qual punto ha già perso.
E' come se credessimo, guardandoci allo specchio, che noi siamo i nostri vestiti, che noi siamo l'immagine che vediamo riflessa. E' come se credessimo che i nostri pensieri sono noi. E' come se cominciassimo a credere che la nostra Anima possa adeguarsi ai nostri pensieri.
Eppure molta dell'umanità che conosco è talmente presuntuosa d' immaginare che la propria morale, i propri valori, il proprio credo, possa essere vero ed assoluto, funzionale e magari anche risolutivo.
Io so che nessuna convinzione, nessuna morale, nessun credo è in grado di salvare anche una sola anima; esiste un solo modo, adeguare i pensieri all'Anima e non viceversa,
questo è l'unico modo di trovare quel passaggio a nord-ovest....
Sono stanco e mentre qualche bambino ancora piange, un' altra notte all'inferno mi attende, ed io gli andrò incontro nell'unico modo che conosco: a piedi scalzi, da Uomo...
... sono ancora in viaggio.
Pubblicato da
Fabrizio Rinaldi
mercoledì 20 aprile 2011
Ogni volta...
Ricordo un film dal titolo "The Truman Show", questo film vuole apparentemente ispirarsi alla moda allora nascente di raccontare la vita in televisione attraverso i reality show.
In realtà tocca qualcosa di molto più profondo e complesso. Credo che sia l'esatta fotografia di come realmente viviamo.
Mi voglio concentrare su un punto: ogni volta, dopo aver costruito la possibilità, di un importante momento della vita, una serie di inesplicabili ed apparenti coincidenze negative rende, di fatto, vana ogni possibilità di realizzarlo.
Nel momento in cui sei vicino ad un successo, cominciano e si incastrano le più improbabili "coincidenze negative", che neanche la più fervida delle fantasie può lontanamente immaginare. Ogni volta queste "coincidenze" rendono un insuccesso, ciò che solo qualche ora prima si andava configurando come un grande avanzamento, come il raggiungimento di un importante obiettivo.
E più forza provavo ad impiegare, tanto più grande diventava la resistenza.
Le persone che pensavi o avresti voluto più vicino, si dimostravano proprio le più distanti e come mosse da fili invisibili addirittura remare contro, senza apparentemente rendersene neanche conto.
Non sono mai riuscito a superare questo "effetto rete", credo perché non ho mai capito dov'è il punto in cui faccio contatto, dove volente o nolente sono complice.
Non c'è forza che possa essere impiegata per superare questo "disegno" l'unico modo è cercare di sottrarsi, questo strano ed inconscio progetto usa come chiavistelli e punti d'appoggio, tutti gli errori che sono stati fatti nel passato.
Credo che rispetto al film la realtà sia ben peggiore, perché nel film c'e' comunque una regia umana dietro alla vita controllata e finta del protagonista: nella nostra vita, invece, la regia è occulta. Non c'e' nessuno che si interessa a noi, anche se in modo negativo, credo che sia solo un meccanismo macchina, che in qualche modo noi stessi attiviamo.
Sto esattamente attraversando un'altro di questi momenti, forse potrebbe essere uno degli ultimi.
Anche questa volta, la solita serie delle "improbabili coincidenze" si sta incasellando alla perfezione, con la solita precisione diabolica.
Ovviamente sono solo, questo ormai non mi fa più molta realtà, sono passati i tempi in cui immaginavo di poter avere una compagna che senza neanche guardarti ti capiva e ti dava coraggio. Ora so che erano solo adolescenziali fantasie; ora posso contare solo su di me, sapendo che tutta la razionalità di cui dispongo non servirà assolutamente a nulla.
Ho scalato tutta la montagna, ma proprio in vista della vetta, sono arrivate... Come ogni volta "le diaboliche improbabili coincidenze". Questa volta cercherò di concentrarmi esclusivamente su me stesso, sul modo di sottrarmi.
In questi momenti tutte le belle teorie e frasi, sul vincente, sul leader, diventano come aria fresca. Solo i fatti daranno il responso.
Non c'e' frase che possa esprimere ciò che si prova quando avresti voglia di guardare avanti ed avere un punto di riferimento, un Capo; ma sai che quando guarderai avanti non vedrai nessuno, perché il punto di riferimento, il capo, sei tu.
Ogni volta... Tutte le difficoltà, i problemi, le coincidenze negative, sembrano darsi appuntamento e nessuna di queste arriva in ritardo.
Domani sarò puntuale anche io, mi farò trovare già lì.
Sono un uomo fortunato perché molte persone che ho amato, molti amici in cui ho creduto mi hanno tradito, sono fortunato perché ho commesso tutti gli errori che si possono commettere, sono fortunato perché ho avuto tutte le difficoltà del mondo, sono fortunato perché mi godo ogni momento, anche quelli brutti. Sono fortunato perché non cerco scuse, perché non me la prendo con tutti per non prendermela con me stesso.
Sono un uomo fortunato, perché ho vissuto intensamente, sono un uomo fortunato perché costruisco la mia fortuna... Ogni volta...
Pubblicato da
Fabrizio Rinaldi
venerdì 28 gennaio 2011
Non sempre è facile
Roma 28 gennaio 2011
Ore 9,30
Ci sono dei momenti in cui vorresti essere altrove, ma sei così stanco, confuso, che non riesci neanche a capire in quale posto vorresti essere.
Allora pensi... vorrei sparire, perché questo ti da l'impressione di non aver più problemi.
Ti senti esaurito, esausto, senza forze, alla deriva.
Ti senti immobilizzato, senza capacità di reagire, più corri e più la nebbia intorno diventa fitta.
La mente non trova la strada. E' una galleria, ma dove non si vede l'uscita.
Ora è uno di questi momenti per me.
Io faccio così: mi siedo comodo, ascolto il respiro, svuoto la testa ormai stanca, lascio lo sguardo vagare sulla natura intorno, il cielo, qualche albero...scrivo su fb.
Piano...piano, ma inesorabilmente, sento di nuovo un piccolo fuoco e la luce che genera mi permette di intravedere qualcosa, attraverso la nebbia.
Sento di nuovo la forza...i problemi, ora sono solo problemi.
La vita corre di nuovo, ho imparato, con il tempo, ad amare anche questi momenti, mi ricordano che la strada è fatta anche di salite, mi ricordano che dietro ogni successo c'e' una grande fatica. Mi ricordano che essere invincibili non significa che tutto sia facile.
Mi ricordano che il vincitore non ha scelta!
Ora sono quasi le 11 e la voglia di scendere in campo è di nuovo molta, la testa ancora fatica, ma la nebbia si è dissolta, ora tutto è chiaro:
Vivi ogni giorno come fosse l'ultimo, perché un giorno lo sarà.
Si ma non oggi. Oggi: un alto giorno da guerriero.
Buona giornata
Pubblicato da
Fabrizio Rinaldi
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