Gli ottimisti, vivono più a lungo; emerge da un recente studio, secondo il quale, vivono mediamente sette anni in più, rispetto agl'altri.
Ridere fa bene, pensare "positivo" fa bene.
Ma, cosa vuol dire, concretamente?
Quando le cose sembrano andare bene, l'ottimismo, non può che essere la naturale conseguenza.
Un po' più difficile esserlo, quando guardi tuo figlio, appena nato in un letto d'ospedale, non sapendo se vivrà; quando perdi il lavoro, quando le difficoltà della vita sembrano sopravanzarti.
Quando ti senti stanco, privo di energie; quando senti di non avere la forza di combattere ancora, senti vicino, la resa.
Allora l'ottimismo sembra così lontano e il vivere più a lungo, l'ultimo dei problemi.
Il carattere di un Uomo si misura dalla sua capacità di soffrire, da come affronta il dolore e la fatica.
In fondo, poi cos'è la fatica?
Forse il cuore o i polmoni che mai si fermano, faticano?
E' forse fatica, l'enorme sforzo, che compie un fiore per sbocciare?
Quella di un bimbo nel nascere?
Ci dimentichiamo di essere ottimisti, perché i problemi diventano protagonisti, eppure respiriamo, eppure, se alziamo lo sguardo, possiamo guardare l'orizzonte e più in alto, fino al cielo.
Con quelle sue sfumature di celeste e di blu, che spettacolo!
Possiamo sentire il calore del Sole, la pioggia, i profumi e la musica della vita, intorno a noi.
La vita, tanto forte, così immediata e scontata, che rischiamo persino, di non vederla più.
E allora è semplice essere ottimisti: basta ricordarsi dell'effetto rete, dei complessi, della macchina, degli stereotipi, delle morali, delle abitudini, e quasi in modo magico, eccolo lì, l'ottimismo, sembra guardarci, come a dirci: e allora? Ti eri dimenticato fossi qui?
E' così bella la vita, così bello vivere, che non essere ottimisti è quasi impossibile.
Ho fatto il pescatore, il meccanico, il bagnino, l'agente assicurativo, il promotore finanziario, sono stato in ospedale affianco a mio figlio appena nato, ho perso il lavoro varie volte, spesso, mi sono trovato nel non sapere quale strada prendere né cosa fare. Mi sono sentito perso, smarrito, impaurito, fino a provare quasi terrore. Ho passato notti insonne, perso nel non pensare. A non avere nemmeno i soldi per fare la spesa, sono stato imprenditore, ho avuto birrerie, bar, pizzerie. Ho fatto il cameriere, ho girato il mondo, ho amato molto, sofferto, vissuto.
Continuo a farlo...
Capisco la violenza negli stadi, la religione, le fedi, le morali, la pochezza, la disperazione e la rabbia, do valore al tempo.
Capisco la vita, mentre continuo a percorrerla scalzo.
Affronto le difficoltà, il dolore, mentre mi nutro di piacere...
Ho percorso migliaia di chilometri in moto, se voglio, posso guadare e vedere dentro le persone, fin quasi, a scorgerne l'anima.
Spesso, mi sono trovato nella condizione di volermi arrendere; non l'ho mai fatto.
Ho vissuto per strada e nelle stazioni, insieme a quelli che chiamano vagabondi, ho visto tante persone che amavo, morire in modo stupido.
Ho affrontato processi, ed avevo ragione...
Ho fatto così tante cose, che neanche più rammento.
Spesso abbraccio mio figlio di notte, quando sta con me e mi chiedo, se anche lui si troverà di fronte a ciò che ho affrontato io, ma soprattutto mi chiedo, il come lo affronterà...
Sono in debito con lui, un debito che non posso e non potrò pagare o forse no, forse debbo semplicemente, ancora capire molte cose, di questa strana vita.
Eppure a me interessa poco capirla, forse perché l'ho vissuta, forse perché cerco quel passaggio a nord-ovest, che mi fa anche paura.
Oggi, mi sembra tutto logico, quasi scontato...In questo granello, perso nel cosmo, che noi, chiamiamo Terra, dove l'essere umano, in modo invisibile, ha fatto la sua storia.
Come faccio a non essere ottimista, a non ridere, a non vivere!?
In fondo, quando Oscar Wilde scriveva: "Non prendere la vita troppo sul serio: comunque vada non ne uscirai vivo", si riferiva a questo, noo? :-)
...E credo, avesse ragione...
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