domenica 10 novembre 2019

Motherless Brooklyn

Ogni film ben fatto ci svela qualcosa d noi.

C'é una certa precisione in questo film in cui l'aspetto emotivo, l'aspetto non vitale tende a portarci verso verso il negativo, verso la perdita di senso, verso la perdita dello scopo. Tende a portarci fuori di noi.



Certo non posso dire che Moses Randolph (Alec Baldwin) fosse un personaggio perfetto ma, per quello che si vede nel film, certamente il più dotato. Aveva una visione, uno stile e intelligenza.

In qualche modo aveva compreso "il gioco", persino ne aveva potuto cambiare le regole.

Non è mai un Grande il pericolo per un un altro Grande, il pericolo per questo tipo di persone sono sempre i "piccoli uomini": giornalisti, figure di second'ordine come Lionel Essrog (Edward Norton) evidenziato nel film con una particolare sindrome. 

Addirittura mi sono sorpreso, durante il film, a fare il tifo per lui ed è quello che avviene nella vita reale, si finisce per fare "il tifo" per chi alla fine ci pugnalerà alle spalle.

Nel film c'é una scena nella quale Moses, attratto dall'intelligenza del suo rivale, cerca di portarlo a se, di dargli una via ma, Lionel é ormai fuorigioco, fuori il gioco della vita.

Forse se il suo mentore Frank Minna (Bruce Willis) avesse scelto un collaboratore diverso non sarebbe morto, di fatto Lionel gira sempre intorno ad eventi "distruttivi" quasi li attirasse. Sembra sempre in cerca di un salvatore/trice, di una "mamma" che possa carezzarlo dietro al collo per calmarlo, così come lui racconta.

In effetti si vede, durante una scena in un jazz club, la figlia del proprietario fare lo stesso gesto e lui da quel momento, sposterà ulteriormente il suo essere "tagliato fuori".

Laura Rose (Gugu Mbatha-Raw) facendo un'analisi introspettiva, rappresenta "il diverso", così la madre, prima di lei e con la quale Moses era "caduto".

Laura Rose da "mamma" protettrice, diventa quella da proteggere, ma nessun personaggio si muove di vita propria, tutti hanno un senso esclusivamente per l'esistenza, per la contrapposizione all'unico leader del film, all'unico che costruiva qualcosa.

Nel film si prefigura la caduta di Moses e se questa fosse poi stata, sarebbe dovuta solo ai suoi errori, che poi si riducono ad uno: aver scelto le persone sbagliate.

Prima la cameriera, madre di Rose, poi il suo uomo di fiducia William (Josh Pais), avrebbe scelto persino Lionel, attratto in qualche modo dalla sua "finta intelligenza". Finta perché non capace di produrre nulla, senza qualcun altro, perché nel film evidenzia una vita "fallita", una vita insignificante per lui e per gli altri; le persone vicino a lui o che avvicina, muoiono o debbono scappare. Non è in grado, posto di fronte a Moses di fare il salto, non é in grado perché arriva impreparato, troppo orgoglioso per discutersi. Il suo complesso, lo ha posto "contro", contro Moses, contro il mondo, contro se stesso... 
É un malato, un fuori "gioco".

Persino la casa al mare gli é stata lasciata in eredità dal suo capo e mentore Frank Minna, lui non ha costruito nulla.

C'è precisone nei personaggi, nei dettagli, interessante il sogno in cui Lionel si vede affondare, abbandonato, senza controllo in una pozzanghera che diventa acqua senza fondo. 

É interessante anche notare gli aspetti familistici di Moses. In qualche modo, tiene legato a se il fratello minore, che incapace di autonoma "grandezza", risulta essere il fulcro, il motore della caduta. Sembra essere il perfetto orchestrante, il grimaldello capace di aprire ogni porta. Un emarginato che, il fratello capace, non ha avuto Il "coraggio" di eliminare dalla propria vita.

Il film si conclude con la scena di Lionel e Rose che abbracciati guardano il mare, fuori dalla casa ricevuta in eredità, sembra avere "un lieto fine: "un malato e la sua "mamma".

Ma cosa faranno per vivere? Per quanto potranno guardare il mare prima di lavorare?
Che lavoro faranno senza i loro rispettivi riferimenti, entrambi uccisi, fatalità...

Moses, fondamentalmente era solo, tutti gli altri "piccoli" personaggi del film, invece si trovano, si cercano, si alleano (giornalisti, malati, sbandati) con un solo ed unico fine; far cadere qualcuno che loro non potranno mai essere. 

I campi da gioco, le strade e i ponti costruiti da Moses sono lì e di loro?


Esistono molti film, nello stesso film... Molti modi di vita, nella stessa vita... Ma una sola possibilità: realizzare il proprio progetto; in fondo, siamo liberi, liberi di sbagliare.


venerdì 9 agosto 2019

Tempo di bilanci

... É tempo di bilanci...

Ci si abitua a queste frasi, sentendole, leggendole,
ci si abitua e poi... Si fanno proprie; ad un certo punto, in diversi tempi della propria vita, si cerca di fare un bilancio: a 30 anni, a 40, a 50 poi a 60, come se il fare questo potesse dare un certo senso di sollievo, come a cercare le voci di bilancio positive (positive in base a cosa poi...).

Come se le nostre "piccole" vite potessero elevarsi, come contassero davvero qualcosa; come se un granello di sabbia potesse essere un castello.

Personalmente, non ricordo di averne mai fatti, mi sembra così semplice la vita che, farne un bilancio risulterebbe presuntuoso, privo di senso.

La vita é così semplice; ogni azione determina un risultato, ogni complesso, ogni parte di noi stessi, lasciata indietro determina conseguenze.

I bilanci sono sempre abbondantemente prevedibili, previsti!

Nel normale progress della vita i bilanci si fanno in anticipo della storia.

Certo, la vita a cui mi riferisco é quella che i "nostri antichi padri" conoscevano, quella che si faticava, quella che si guadagnava con la reale conoscenza di se stessi.

Il mio tempo tempo di bilanci é ogni sera;

ogni sera rivedo la giornata appena trascorsa, ogni singolo momento, ogni singola emozione, il motivo di ciascuna di esse, 
ogni sera rivedo ogni tentativo di boicottaggio,
ogni tentativo di "sporcare" l'Anima, (per lo più questi derivano da frustrazioni accumulate);

poi arriva la notte e la notte richiede sempre attenzione, maggiore di quella diurna,
la notte é sempre diversa e piena, difficile prevederne l'andamento;

durante la notte: s'impara, si lotta, si metabolizza, si capisce, si cambia rotta, si vede, si progetta, si decide e tanto altro.

È tempo di vacanza (dal latino participio presente di vacare essere vuoto)È tempo di bilanci...

... Non per tutti...

giovedì 1 agosto 2019

Ossessione come scelta

Etimologia: ← dal lat. obsessiōne(m) ‘assedio’, deriv. di obsĕssus, part. pass. di obsidēre ‘porsi davanti, assediare’, comp. di ŏb ‘davanti’ e sedēre ‘sedere

Scelta:   della volontà consistente nel decidere consapevolmente e liberamente tra vari e possibili corsi di azione alternativi.





L'ossessione è una passione nel senso quotidiano.

Principalmente "la macchina" ha rovinato il semplice ed il bello del fluire, distorcendo la natura Umana, in questo procedere quasi nulla è stato tralasciato.

Anche il senso delle parole, il vero significato di esse, in questo processo ha contribuito fortemente anche il clero; così la parola che in origine significava "assediare, porsi davanti" è diventata "possessione" nel senso di invasamento diabolico, poi ripresa, sempre in senso negativo, dal campo medico.

Clero infatti deriva dal greco κληρος (che viene a sua volta da κλάω = spezzare, distruggere, rompere).

A me piace pensarla come "porsi davanti", assediare con coraggio, determinazione e senza scuse; ossessione come scelta, come volontà nel decidere consapevolmente.

Ossessione nel compiere il proprio progetto, il proprio scopo nella vita; una ghianda non può scegliere se cadere su un terreno fertile e diventare una grande o quercia, finire su una strada o essere mangiata da qualche animale; all' Uomo invece è data la facoltà di scegliere, è "obbligato" a scegliere ed in ogni caso lo fa.

Così come le parole hanno perso, tradito il loro significato originale, l'uomo ha perso la sua linea guida, si trova a fare, a scegliere e infine a vivere scisso, diviso dal suo reale progress, si trova ad apprendere regole, schemi, non solo antitetici e non funzionali ma, distruttivi per la propria natura.

Quotidianamente vedo questo e certo, non è bello, non è bello vedere madri e figli continuare a vivere "legati", vederli, a loro insaputa, ricattarsi, non evolversi, arrotolarsi e diventare "mostri". Il tutto nascosto, giustificato da ciò che si pensa sia amore, del resto anche tutta l'educazione va in quella direzione e l'incapacità, la volontà nel non voler o saper verificare, avendo perso la personale bussola, fa si che l'Essere Umano sia ridotto alla condizione che tutti possiamo vedere ogni giorno attorno (e dentro) noi.

Ossessione come scelta, si c'è originaria forza in questa frase, c'è quel senso di naturale riuscita che ogni Umano sente ed ha dentro se stesso, almeno finché la sua anima non l'abbia abbandonato.

Anche di questa tipologia di "esistenti" ne ho una costante e quotidiana esperienza. (dal latino experientia, deverbale di experiri- esperire, ossia "provare su di sé, sperimentare.)

L'anima, la "forza vitale" semplicemente abbandona, lasciando un corpo che essenzialmente esiste, senza più possibilità del "passaggio", senza più possibilità di mediazione tra esistere ed Essere, si diventa zombie.

Tutto per rimanere fedeli a idee, schemi che ci hanno "immesso" e che ormai reputiamo nostri, al tal punto che saremmo disposti (e lo facciamo) a morire per essi.

Allora, ben venga, l'ossessione come scelta, ben venga l'avidità (dal lat. avidĭtas -atis]. – L’essere o mostrarsi avido, desiderio intenso e smodato) di vita, di Essere, di vera Umanità, di rimettere ordine esatto.

Si, sono ossessionato, avido, (dal lat. avĭdus, der. di avere «bramare»]. - Che ha smodato desiderio di sapere, di conoscere. -

... Come scelta, sono ancora vivo e non perché semplicemente respiro o cammino; perché sono ancora un Uomo! 

Un semplice Uomo che ogni giorno guadagna il proprio Essere, con profonda umiltà vive, si pone davanti, guadagna la propria felicità... Consapevole che siamo solo liberi di sbagliare... Fino al rientro.

sabato 20 luglio 2019

I lettera aperta al Comitato

Caro Comitato,

se il nostro lavoro, se il nostro agire, se le nostre azioni avessero solo un fine, saremmo fuori gioco, avremmo già perso e tutto sarebbe inutile.

Ognuno di noi ha iniziato quest'esperienza lavorativa per un diverso motivo, poi sostanzialmente riconducibile a quello economico.

Personalmente ho sempre considerato l'aspetto economico, come una scusa, come una conseguenza, come fatto ineliminabile; ciò che realmente mi ha sempre spinto ad agire è la ricerca di quella possibilità che "ogni" essere umano ha o avrebbe.

Ciò che mi ha sempre affascinato è il progress, il divenire di ogni aspetto Umano, personale: d'intelligenza, di comprensione, di realizzazione; in sostanza, della semplice realizzazione del nostro potenziale. 

Il Comitato diverrà sempre più questo luogo, il luogo del successo ma, soprattutto del succederà... Il luogo dove inventare quel passo che prima non c'era, il luogo dove trovare quel me che prima non sapevo.

È chiaro che io veda le nostre motivazioni, veda il nostro passato perché esso è presente in ciò che siamo, veda le nostre frustrazioni, veda ciò che non ha funzionato però, vedo anche il nostro futuro, almeno di chi, non solo semplicemente lo vorrà ma, per chi pagherà il prezzo di sedersi davanti a se stesso, senza nascondersi.

Quando scrivo: "Vedo il nostro futuro" intendo, quello potenziale, quello possibile, questo cambia costantemente e non è mai uno solo. 

Si nasce, si diventa bambini poi adulti e ad un certo punto tra i vari piaceri e desideri che la vita mette a disposizione e che progressivamente ci "necessitano", c'è quello d'incontrare altre Anime perché in quell'incontro amplifichiamo noi stessi.

Non è importante quella presentazione, quel modello, quell'obiettivo, l'importante è la possibilità che diamo a noi stessi attraverso quegli strumenti, è importante cosa diveniamo o possiamo divenire attraverso quei modelli.

Nel mio passato ho avuto, ho partecipato a diversi gruppi di lavoro ma, il mio vero obiettivo è stato sempre lo stesso... Poi nel tempo, qualcuno, sceglie altre strade, si perde o entra in senilità precoce, la vita è fatta così è ne è totalmente indifferente.

Siamo padroni del nostro destino, nel bene e nel male, costantemente scegliamo.

Sono certo che qualcuno di noi, non solo capirà questo elementare concetto ma, si metterà in cammino, si metterà in discussione, comincerà a divenire e vorrà percorrere la strada verso "casa".

I migliori capiranno e sapranno leggere quei "piccoli segni lungo la strada"; Investore ha un  logo e un distintivo con la nostra denominazione ed un gabbiano, certo, un distintivo non vuol dire nulla, in se per se ma, vuol dire molto a chi sa cosa realmente c'è ed esiste dietro, ricorda a noi che le difficoltà servono per essere superate e non per arrendersi a queste, ci ricorda che non siamo consulenti finanziari, assicuratori, imprenditori, liberi professionisti, consulenti aziendali, personal advisor o altro... Siamo semplicemente Uomini in progress che oggi hanno scelto e/o sceglieranno di essere, di rappresentare INVESTORE.

Vi ricordate quanto serio era ogni gioco che sceglievamo di fare da bambini?!
Per esso piangevamo, ridevamo, davamo il massimo, vincevamo o peggio, perdevamo ma, sempre attraverso esso prendevamo maggiore coscienza di noi, avevamo spostato un passo avanti il nostro orizzonte, la nostra realtà, il nostro campo d'azione.






Investore è il nostro attuale "gioco", non è semplicemente o banalmente il nostro lavoro, è la "scusa" che diamo a noi stessi per divenire e per dare un senso...

Se perdiamo il focus, se perdiamo il vero motivo, se perdiamo l'anima ci ritroviamo con pochi e inefficienti modelli e schemi e in relazione ad essi cominciamo ad agire, pensare e vivere.

Ci ritroviamo a pensare che la felicità sia una villa con piscina, poi una barca, un aereo, una spa, una vacanza, un luogo diverso dove vivere, un auto, una famiglia, dei figli, una vita "comoda", i soldi, insomma, ognuno di noi sa bene ciò a cui ormai si ritrova ad ambire e a desiderare.

Viviamo in una doppia scissione: una tra quello che desidereremmo e quello che siamo, l'altra tra quello che desideriamo e quello che davvero dovrebbe essere e che non  conosciamo.

Vivere ed avere non sono sufficienti a certi Uomini, certi Uomini hanno bisogno di Essere e ognuno di noi ha già la mappa del proprio successo.

Investore rappresenta una possibilità di lavoro, una possibilità di vita, di avere e soprattutto di Essere; di questo il Comitato si occupa e sempre più lo farà con chi c'è e/o con chi ci sarà.

Mi piace il nostro simbolo, mi piace cosa c'è dietro, cosa rappresenta e non ho paura ad evidenziarlo.

È un "gioco" meraviglioso e... alla fine persino si guadagna denaro! 



martedì 26 marzo 2019

I grandi uomini sono i più soli.

“I grandi uomini sono i più soli." C.Bukowski

Ciò che riconosciamo simile ci piace, ci conferma, come se l'altro desse sicurezza a me.

Stesso vale quando ci troviamo in disaccordo, la contrapposizione rafforza me.

Ad un certo punto, può capitare invece, che ci si cominci ad interrogare sulle piccole cose e poi via via, pian piano, trovate le risposte e verificato che le risposte funzionino, ci si continui ad interrogare su tutte le altre e così si finisce per trovare molte soluzioni, che fanno verità.


Quale domande?!

Perché..?


Perché le donne si truccano o si depilano? Beh ora anche gli uomini...

Perché si rifanno le tette o si gonfiano le labbra? 
Perché si diventa mercato, merce?

Perché l'intelligenza umana diventa serva di intelligenze "inferiori"?

Perché l'essere umano finisce con il diventare servo di un cane o un gatto?
Perché si accusa e si pretende?

Perché ci si costringe in schemi e orari?
Perché lavoro e vacanza e non semplicemente vita?
Perché una famiglia e dei figli?

Perché costantemente si distrugge ciò che si costruisce?
Perché si boicotta se stessi?
Perché la paura o la rabbia con cui si convive?

Perché si nasce e si muore?


Perché..?

Così da domanda a domanda, da risposta a risposta, seguendo quei piccoli segni lungo la strada, si trova il senso e ad un tratto si é in pace.


Ogni domanda pretende una risposta, se una domanda si da, la risposta esiste; il compito è trovare la risposta, il compito è quello di trovare l'unica reale risposta tra le infinite vere... L'unica reale!

Si diventa via via più "soli" pian piano che le domande a cui rispondere tendono a zero, si è soli perché non c'é alcun interesse a voler dire, a volersi confrontare, non si è più nel piano della dialettica.

Ad un tratto, in questo processo di profonda personale e onesta umiltà ci si trova "soli", non nel senso che comunemente s'intende, non nel senso di solitudine.

"Solo" nel reale senso della parola, nel senso in cui i padri la intendevano: dall'arcaico “sollus”, che significa “intero”, che non ha bisogno di altro per completarsi... Da per se forma un tutto.

Non c'ê più competizione o conflitto né identificazione, solo tensione positiva verso l'esatto, verso il senso compiuto del gioco. Il gioco continuo di adeguare il proprio "io cosciente" alla propria "anima", il gioco di dare l'intelligenza cosciente al proprio Essere, di trasformare un servo maldestro e antitetico, in fedele servitore.

La coscienza tocca, diviene, per un breve attimo, facente parte del sempre esce da quello che conosciamo come spazio/tempo ed in questo realizza lo scopo; molto più della visione o idea di paradiso; il fedele servitore vede per un attimo l'eterno.


Certo Bukowski intendeva altro ma, ognuno ha i propri problemi da risolvere.

"Sollus"...