Qualcuno cerca la libertà fuori di sé, qualcuno la cerca dentro se stesso, qualcuno ha smesso di cercarla, altri non la cercano proprio. La libertà non è lo scopo è la conseguenza.
martedì 24 aprile 2012
Nel mentre aspetto...
Ci sono dei giorni in cui sono senza Forza.
Nel mentre faccio le molte cose, mi rendo conto, ogni giorno, ogni notte, delle infinite aggressioni a cui sono sottoposto.
E' un susseguirsi incessante, fatto da azioni, a volte banali, a volte ben organizzate, di atti intenzionali che cercano e a volte ci riescono, di spostarti dal centro della tua azione.
Riesco ad opporre una buona difesa in questa incessante battaglia, tuttavia oggi ero senza Forza.
Come zattera alla deriva, mi lascio cullare dalle onde, senza una direzione, senza poter reagire; posso solo aspettare di sentire ancora quella Forza che da sempre mi accompagna, ma di cui a volte non riesco ad esserne un buon guardiano.
Eppure sono attento, eppure conquisto la mia libertà ogni giorno; poi ad un tratto, mentre m'interrogo, tutto sembra chiaro.
L'unico, in questo momento, a cui senza difese guardo, che ha accesso diretto fino in fondo alla mia anima: mio figlio.
Attraverso lui, inconsapevole, sono passati...ora tutto mi è di nuovo chiaro e la Forza piano piano, comincia a scorrere nuovamente.
Ho osservato il mondo, da ogni angolazione che ho potuto, ho cercato di capire, ogni giorno ascolto le solite banalità e anche rispondo, pongo attenzione nel mantenere il mio prato curato, pulito, eppure continuo a collezionare errori.
Certamente la mia vita è intensa, ho smesso di credere ai miei pensieri da molti anni, ogni tanto faccio finta che essi siano veri, giusto per ricordare che avrei potuto avere una vita normale, ma ho scelto di Vivere e ogni giorno continuo a farlo.
Nessuna delle persone che mi sono più vicine capisce qualcosa di me ed è normale, ognuno di loro pensa di capire ed io glielo lascio credere, però a volte vorrei qualcuno con cui sedermi, condividere, magari per un breve attimo, l'illusione di non essere solo.
Il mondo non potrà mai cambiare fin quando le donne saranno come sono, fin quando non alzeranno gli occhi, non in segno di sfida o per dimostrare che sono pari o superiori agli uomini (come di fatto lo sono), ma semplicemente per essere se stesse.
Fin quando non saranno capaci di vero piacere, fin quando non porgeranno il primo piatto al loro compagno e poi ai loro figli, solo per il consapevole ammiccamento alla grazia condivisa, di quel momento che li ha visti coessere. Fin quando non saranno in grado di presenza, a quell'attimo che può giustificare un intera esistenza. Dove un Uomo e una Donna non possono parlare, ma semplicemente essere uno; per un istante indistinti. In quel luogo dove mente e corpo non possono entrare.
Fin quando, chiudendo gli occhi, non crederanno di sentire, ma sentiranno veramente, fin quando, dopo aver percorsa ogni strada e sentiero, sapranno che nessuna famiglia potrà mai rendere un essere umano Vero.
Fin quando non aspetteranno o cercheranno sicurezze, ma saranno loro a darne.
Il mondo sarà così, come noi oggi lo conosciamo, però in qualsiasi modo o mondo nasceremo, comunque, avremo la possibilità della riuscita.
Sono solo, sono libero; lontano da quei luoghi dove vorresti che qualcuno tenga a te, dove vorresti essere importante per qualcuno, ma dove tutto va, alla fine, in calma.
Dove l'aggressività riesce solo a sfiorarti, dove la rabbia risuona lontano.
Sono libero, perché i miei pensieri non mi legano, perché giudizi e i complimenti, hanno lo stesso peso di una stella nello spazio.
Sono libero perché nessun ricatto può fermarmi, sono libero perché non ho paura.
Perché non ho copioni da seguire, ne modelli da imitare; sono libero perché non cerco sicurezze, perché non chiudo gli occhi per non vedere e perché non posso arrendermi.
Perché pur avendo perso tante volte, percepisco solo la vittoria e la mia mente non conosce la sconfitta.
Sono libero perché non credo in nessuna verità, perché non ho certezze, ne nulla da insegnare; sono libero perché mi prendo ogni responsabilità, perché posso amare.
Perché non ho idee da dimostrare. Sono libero, perché ne pago il prezzo.
Sono libero perché non ho scelta.
Di nuovo in calma, di nuovo in Forza, perché la vita è già perfetta e non prevede il fallimento.
Se riuscissimo a realizzare ogni minuto, rendendolo eccellente, alla fine avremmo risolto la nostra vita.
Ci sono dei giorni in cui sono senza Forza, ma oggi è un'altro giorno!
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Fabrizio Rinaldi
domenica 8 aprile 2012
Piacevole nostalgia
La Sabina: un luogo magico, dove quando rallenti il ritmo e ti metti in ascolto, senti gli echi di popoli indomiti, il loro spirito è qui da sempre.
Crocevia di forza e calma, dove olivi centenari, con incessante piacere, metabolizzando la terra e respirando il sole, ne sintetizzano l'essenza nei loro frutti.
E mentre respiri quest'aria e ne sei parte, le emozioni ti portano terre lontane, oggi all'altra parte del mondo, ma un tempo...chissà.
Terre come il Costa Rica.
Lembo di terra che separa due oceani, dove i vulcani decidono i destini degli uomini e dove la natura ancora sovrana, ricorda all'anima la sua immutabile pace.
Passiamo in queste terre, con il fardello dei nostri problemi, come formiche lavoriamo incessantemente, spinte da chissà cosa, mentre intorno a noi tutto è già perfetto, tutto è già compiuto.
In questa stolta corsa, perdiamo il senso, perdiamo la vita, eppure continuiamo a correre, nervosamente, istericamente fino a quell'ultimo momento, fino a quell'ultimo respiro in cui sarà per sempre perso, in cui sarà troppo tardi per tutto.
Ogni giorno possiamo nascere, possiamo rinascere.
Oggi è Pasqua, fermo la corsa, alzo la testa e provo a guardare.
Spingo lo sguardo così lontano, fin quasi a vedere Casa, fin quasi a sentirne il profumo, fin dove si comincia a percepirne la piacevole nostalgia.
Attraversiamo questi luoghi, che il tempo ha dimenticato: possiamo solcarne i cieli come grandi e solitarie Aquile o chiuderci in angusti cunicoli, come piccoli insetti.
Piacevole nostalgia, che mi ridai la libertà, che mi ricordi la forza ed il piacere.
Piacevole nostalgia, quella che arriva, quando fermi ogni immagine, quando fermi ogni pensiero, quando tutto va in calma.
Piacevole nostalgia di terre lontane, che qui intorno vedo e mi commuove,
nell'aria di nuovo profumi dimenticati.
Ora guardo la valle, terre lontane, vedo i profumi e ne ascolto la musica; ora sono quella valle, sono quelle terre lontane, ho alzato lo sguardo...lo spinto più in là che potevo...fin quasi a vedere Casa, piacevole nostalgia.
Crocevia di forza e calma, dove olivi centenari, con incessante piacere, metabolizzando la terra e respirando il sole, ne sintetizzano l'essenza nei loro frutti.
E mentre respiri quest'aria e ne sei parte, le emozioni ti portano terre lontane, oggi all'altra parte del mondo, ma un tempo...chissà.
Terre come il Costa Rica.
Lembo di terra che separa due oceani, dove i vulcani decidono i destini degli uomini e dove la natura ancora sovrana, ricorda all'anima la sua immutabile pace.
Passiamo in queste terre, con il fardello dei nostri problemi, come formiche lavoriamo incessantemente, spinte da chissà cosa, mentre intorno a noi tutto è già perfetto, tutto è già compiuto.
In questa stolta corsa, perdiamo il senso, perdiamo la vita, eppure continuiamo a correre, nervosamente, istericamente fino a quell'ultimo momento, fino a quell'ultimo respiro in cui sarà per sempre perso, in cui sarà troppo tardi per tutto.
Ogni giorno possiamo nascere, possiamo rinascere.
Oggi è Pasqua, fermo la corsa, alzo la testa e provo a guardare.
Spingo lo sguardo così lontano, fin quasi a vedere Casa, fin quasi a sentirne il profumo, fin dove si comincia a percepirne la piacevole nostalgia.
Attraversiamo questi luoghi, che il tempo ha dimenticato: possiamo solcarne i cieli come grandi e solitarie Aquile o chiuderci in angusti cunicoli, come piccoli insetti.
Piacevole nostalgia, che mi ridai la libertà, che mi ricordi la forza ed il piacere.
Piacevole nostalgia, quella che arriva, quando fermi ogni immagine, quando fermi ogni pensiero, quando tutto va in calma.
Piacevole nostalgia di terre lontane, che qui intorno vedo e mi commuove,
nell'aria di nuovo profumi dimenticati.
Ora guardo la valle, terre lontane, vedo i profumi e ne ascolto la musica; ora sono quella valle, sono quelle terre lontane, ho alzato lo sguardo...lo spinto più in là che potevo...fin quasi a vedere Casa, piacevole nostalgia.
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Fabrizio Rinaldi
giovedì 1 marzo 2012
Attraverso te, vedo me stesso.
quando alla ricerca di
una qualche sicurezza cercavo la vicinanza, la protezione, di ciò che per me
era il massimo rifugio, dove trovavo risposta emotiva ad ogni insicurezza,
dove tutto andava in calma. Quel luogo era l'abbraccio di mio padre, che
credevo immenso ed invincibile, vedendolo così grande e forte rispetto a me, che faticavo semplicemente a muovermi, che a stento riuscivo a coordinare il mio stesso piccolo
corpo.
Tutto l'universo sconosciuto trovava risposta. Oggi tutto ciò vive in te; ti guardo e già conosco il giorno in cui arriverà quel momento, quando aprendo gli occhi, io non sarò poi così grande, in cui non potrò più darti nessuna sicurezza. Quel giorno in cui dovrai cercare ogni sicurezza in te stesso, ma oggi, attraverso questi momenti noi siamo in contatto; senza filtri, ti abbandoni a me...mentre ti guardo e cerco di vedere l'uomo nascosto dentro quel piccolo e goffo corpo, che appena controlli, che ancora non riesci a coordinare. Cerco d'immaginare l'uomo celato in quelle piccole mani cicciottelle, con le quali tutto è ancora così difficile da fare; ti guardo e mi domando come quel piccolo e buffo involucro, possa contenere, un uomo. Ti guardo e so che non mi appartieni, e questo, rende ogni attimo prezioso; denso di quel valore, che solo i veri amanti conoscono. Ti guardo, ricordo, e vedo me stesso; capisco me stesso. Quando così piccolo e senza alcuna forza apparente, condizionavo gli adulti al mio volere, se ben più forti ed "attrezzati", quando non conoscevo sconfitta, ma solo la volontà e la tensione all'obiettivo. Ti stringo forte e so, che come me, fai parte della forza della vita, in questo viaggio che ci accomuna. Mi guardi orgoglioso, quando con sommo impegno e massimo sforzo, riesci nell'impresa di aprire un cassetto od un barattolo. Ti guardo e cerco di vedere l'uomo che c'e' in te, mentre il tuo difficile viaggio è già cominciato, ben consapevole, che tutto ciò che consciamente ed inconsciamente potrò insegnarti, non ti servirà a nulla e magari potrà essere solo un inutile e pesante fardello. Cercherò di non insegnarti nulla, anche se già so, che non ci riuscirò; vorrei darti gli strumenti migliori e più utili affinché tu possa portarli con te, ma anche se potessi, non sarebbe giusto, perché ti priverei della possibilità, del piacere e della soddisfazione di cercarli e di scoprirli, da solo; ti priverei della possibilità di una parte della tua storia, per mero ed insano egoismo. Ti guardo e mi sforzo di vedere l'uomo nascosto in quel piccoli piedi, che a volte, ancora dimentichi di avere e ti meravigli, quando guardandoli, toccandoli, capisci che sono davvero tuoi, anche se non sai bene cosa farci e a cosa servono di preciso. Tu sei la parte di me, fuori di me, più vicina che ho; tu sei la parte di me, fuori di me, più lontana che ho. Ti guardo e mi chiedo dove si nasconda l'uomo che c'e' in te, mi chiedo come faccia ad occupare in quel modo maldestro, quel piccolo spazio. Ti guardo e vedo me. Ricordo come ero, tutte quelle strane e fortissime emozioni e sensazioni che provavo, che non conoscevo, per cose e situazioni che non capivo. Noi scegliamo la nostra vita, con gli strumenti e gli schemi dei nostri padri, fino al momento in cui decideremo, se mai lo faremo, di essere padri e madri di noi stessi. Sii padre e madre di te stesso, figlio mio, perché solo così, magari, un giorno potrò vedere quell'uomo, che oggi dissimulato, finalmente rivelerà se stesso. In quel prezioso attimo, fermeremo ancora il tempo, godremo ancora il tempo. ...E se così non sarà, sappi, che nessun'altra possibilità ci è data, se non quella di realizzare se stessi, di realizzare noi stessi. Il massimo che posso fare, anche per te, è realizzare me stesso, il massimo che possa insegnarti è realizzare me stesso. Vivi la vita, breve o lunga che avrai, questo è tutto ciò che posso dirti, e nient'altro ti dirò. Il mio egoismo, non mi renderà prigioniero, nel volerti dare ogni cosa; cercherò di non darti nulla, se non il mio Amore, ...E forse, in alcuni momenti, mi odierai per questo, o forse no... Attraverso te non vorrò mai vivere, ciò di cui non sono stato capace, ...E forse, in alcuni momenti, mi odierai per questo, o forse no... Ti terrò distante da me, affinché tu possa cercare la tua strada, ...E forse, in alcuni momenti, mi odierai per questo, o forse no... Magari dimenticherò i tuoi compleanni, ...E forse, in alcuni momenti, mi odierai per questo, o forse no... A volte fermo la corsa, ti stringo forte e so, che non capisci e so, che non capisco; ma in quei momenti poco importa. Attraverso te, finalmente sono figlio, finalmente capisco che sono figlio. Non vivrò attraverso te, ciò che è mio dovere vivere in me; per me, ...E forse, in alcuni momenti, mi odierai per questo, o forse no... Non ho nulla da insegnarti e se l'avessi, non te la insegnerei, ...E forse, in alcuni momenti, mi odierai per questo, o forse no... Sarai un Uomo saggio, se scriverai la tua storia, in un foglio bianco, come oggi io scrivo in questo foglio. Il dono più grande che vorrei darti, che vorrei riuscire a darti, è un foglio bianco e se non ci riuscirò, non aver pena o compassione per me, perché avrò fallito il mio gioco, sarò stato un perdente e non dovrò, ne vorrò meritare neanche un solo tuo pensiero. Guarda dritto, vinci la tua vita, perché nessuno, giustamente, se ne preoccuperà; vinci la tua vita: questa è l'unica cosa che davvero conta, e se un giorno avrai bisogno di un abbraccio, di un conforto, avrai per sempre quei momenti, quel conforto, di quando ti avvicinavi e ti stringevo, di quando ancora ignaro, immaginavi invincibili i tuoi genitori, perché dentro di te sempre lo saranno. Attraverso te, vedo me stesso; vinci la vita, perché lo devi a te stesso; perché solo a te stesso dovrai rispondere, ...E forse, in alcuni momenti, mi odierai per questo, o forse no... Attraverso te, vedo me stesso: grazie! |
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Fabrizio Rinaldi
martedì 28 febbraio 2012
Quattro mesi.
"Oggi scrivo per me...e per pochi amici"
ORA
Questa notte...
Fino a che punto ci si può spingere, fino a che punto... Cerco di mettere in discussione me stesso ogni giorno, metto in discussione anche il fatto che davvero mi metta in discussione. Ho deciso, ormai da oltre un anno, di sposare un progetto, di realizzare un sogno.
...Così approfittando di una grossa difficoltà, ho deciso di mettermi da parte, ho lasciato il timone, perché ciò che metto maggiormente in discussione è il Capitano e questa volta il capitano ero io.
Ho lasciato il timone...mi sono messo a guardare, ciò che i miei amici, i miei compagni avrebbero fatto, avrei voluto contribuire ai loro progressi da un altro punto di vista; questa volta.
Avrei voluto godermi l'avvicinamento, il piacere di vederli procedere, ed io con loro, veloci con un leader migliore di me.
Finalmente; avrei avuto solo le responsabilità mie, finalmente avrei lasciato l'enorme responsabilità della nave e come equipaggio mi sarei goduto maggiormente il mare.
Il piacere più grande, quello sommo, per un leader è quello di far diventare leader gli altri. Credo che sia uno dei Piaceri della vita, per i Signori della vita!
...Sono passati due mesi dei sei della prova d'appello, mancano quattro mesi alla data inderogabile, ho remato con loro come equipaggio; ho visto venir fuori i loro aspetti migliori, gli ho visti futuri leader e sono stato bene; ho riso e giocato, di nuovo il mio essere giocoso è emerso...
Questa notte...
Ma ogni leader conosce la notte!
E questa notte; ho ripreso il timone, quattro mesi sono pochi e dopo aver avuto oltre un anno a disposizione, la responsabilità della vittoria deve essere la mia; non posso gravare i miei amici, i miei compagni di questo.
Sono sicuro che sarebbero arrivati a meta, ma quattro mesi sono pochi...
Ogni gruppo ha le sue dinamiche, crea le sue dinamiche...quattro mesi...questa notte.
Basta giocare, entrerò nelle dinamiche e le cambierò o queste vinceranno!
Basta far finta di non vedere...di non capire...di giocare.
Ora voglio vincere, ora voglio vincere con loro.
Questa notte, di nuovo mi godo le responsabilità, non ho scelta, non sono libero.
Non posso non vincere, se perdo io, perdiamo noi...se perdiamo noi, perdo io.
Di nuovo al timone...mi godo il viaggio...mi godo il mare...
Quattro mesi.
ORA
Questa notte...
Fino a che punto ci si può spingere, fino a che punto... Cerco di mettere in discussione me stesso ogni giorno, metto in discussione anche il fatto che davvero mi metta in discussione. Ho deciso, ormai da oltre un anno, di sposare un progetto, di realizzare un sogno.
...Così approfittando di una grossa difficoltà, ho deciso di mettermi da parte, ho lasciato il timone, perché ciò che metto maggiormente in discussione è il Capitano e questa volta il capitano ero io.
Ho lasciato il timone...mi sono messo a guardare, ciò che i miei amici, i miei compagni avrebbero fatto, avrei voluto contribuire ai loro progressi da un altro punto di vista; questa volta.
Avrei voluto godermi l'avvicinamento, il piacere di vederli procedere, ed io con loro, veloci con un leader migliore di me.
Finalmente; avrei avuto solo le responsabilità mie, finalmente avrei lasciato l'enorme responsabilità della nave e come equipaggio mi sarei goduto maggiormente il mare.
Il piacere più grande, quello sommo, per un leader è quello di far diventare leader gli altri. Credo che sia uno dei Piaceri della vita, per i Signori della vita!
...Sono passati due mesi dei sei della prova d'appello, mancano quattro mesi alla data inderogabile, ho remato con loro come equipaggio; ho visto venir fuori i loro aspetti migliori, gli ho visti futuri leader e sono stato bene; ho riso e giocato, di nuovo il mio essere giocoso è emerso...
Questa notte...
Ma ogni leader conosce la notte!
E questa notte; ho ripreso il timone, quattro mesi sono pochi e dopo aver avuto oltre un anno a disposizione, la responsabilità della vittoria deve essere la mia; non posso gravare i miei amici, i miei compagni di questo.
Sono sicuro che sarebbero arrivati a meta, ma quattro mesi sono pochi...
Ogni gruppo ha le sue dinamiche, crea le sue dinamiche...quattro mesi...questa notte.
Basta giocare, entrerò nelle dinamiche e le cambierò o queste vinceranno!
Basta far finta di non vedere...di non capire...di giocare.
Ora voglio vincere, ora voglio vincere con loro.
Questa notte, di nuovo mi godo le responsabilità, non ho scelta, non sono libero.
Non posso non vincere, se perdo io, perdiamo noi...se perdiamo noi, perdo io.
Di nuovo al timone...mi godo il viaggio...mi godo il mare...
Quattro mesi.
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Fabrizio Rinaldi
lunedì 19 dicembre 2011
Passaggio a nord ovest
Questa sera avevo desiderio di scrivere un altro capitolo su quello che ho chiamato "Il sogno...ciò che serve per realizzarlo", ma come ogni volta prima di scrivere, faccio un "breve inventario" di me stesso.
Prendo maggiore coscienza delle sensazioni viscerali, cerco di capire se la testa è in grado di seguirle e, dopo aver scelto una fotografia tra quelle selezionate e titolate senza un vero ragionamento, scrivo di getto ciò che sento.
Saranno in tutto 21 capitoli, oggi sarebbe stata la volta del quattordicesimo, se non sbaglio.
Sarebbe stata, perché le sensazioni viscerali che percepisco sono solo simili a solchi tracciati con affilate lame e la testa è così pesante e intorpidita da credere quasi a se stessa, come se potessi credere che i vestiti che indosso o ciò che vedo nello specchio potessi essere io.
Oggi è il 19 dicembre 2011, sono in quello che gli uomini chiamano ospedale, un piccolo bambino dorme di fronte a me, a fatica vedo i tasti del computer poggiato sul carrellino che serve per mangiare quando si è a letto.
Tutto qui è sigillato, finestre, porte e l'aria che forzosamente viene immessa fa vibrare qualche pannello del controsoffitto senza sosta, attraverso i vetri posso vedere, oltre alla cupola della basilica di San Pietro, molte luci colorate ed intermittenti: mi ricordano che tra pochi giorni sarà Natale.
Non so se troverò mai il mio passaggio a nord-ovest, però è l'unico motivo per cui abbia un senso vivere per me.
Riesco a dare un senso a molte cose che vedo, poi mi domando se il senso che gli do sia vero, se davvero ci sia un motivo.
A me interessa esclusivamente capire, oltre ogni morale, oltre ogni emozione, mi interessa solo quel passaggio, quello a nord-ovest.
Nella stanza dove sono, ci sono due piccoli letti e due poltrone, che di notte fungono da materasso per il genitore che deve rimanere accanto al proprio figlio.
La scorsa notte il piccolo letto affianco a me era occupato da un bambino di 4 anni, che aveva subito un'operazione al cervello con lo scopo di asportare un tumore ed a causa di questa, era divenuto cieco.
Davide, così si chiama.
Un bambino moto vitale, che sembrava per nulla turbato dal fatto di non vedere, camminava per la stanza, correva, giocava.
La madre gli spiegava di me e di Jonathan, allora lui si è avvicinato a noi per poterlo conoscere, ha infilato la sua piccola mano attraverso la spalliera del letto e delicatamente lo ha toccato, esclamando allo stesso tempo "Com'è piccolo!". Lui è?
E' proprio vero che tutto è relativo.
La madre, in attesa di un altro figlio ed ormai oltre l'ottavo mese, mi spiegava che la malattia, così chiamava il tumore al cervello di suo figlio, si era fatta di nuovo viva in un'altra zona dopo due anni di chemioterapia, per questo motivo, suo figlio doveva sottoporsi ad altro e difficilissimo intervento.
Chi ha vissuto queste situazioni, sa che non è come parlare con un amico davanti ad un buon piatto di pasta, qui racconti qualcosa al tuo vicino di letto nel tentativo di rendere meno penoso ciò che stai vivendo e questo avviene mentre cerchi di stare attento a tuo figlio, che non cada dal letto o che non si strappi via qualche ago o qualche strana sonda, e tutto questo, mentre infermieri ed infermiere di ogni tipo passano facendo qualcosa in ogni momento.
Neurochirurgia pediatrica è un reparto molto particolare, chi passa di qui conosce la vita da un punto di vista non comune e purtroppo lo conosco da molto tempo.
Nel frattempo è arrivato il padre, un simpatico muratore ancora non quarantenne, motivato e fortemente deciso a passare la notte con il figlio, ben conscio che potrebbe essere l'ultima.
Ovviamente io, sono il meno organizzato di tutti, non ho portato quasi nulla con me, ne tanto meno qualche gioco, così ché loro avvedutosi di questo non fanno altro che passarmi qualche giocattolo del figlio, stando attenti a che lui, molto geloso, non se ne accorga: "Tanto non vede.".
Mi raccontano che loro si comportano con il figlio come se vedesse, in effetti il figlio non sembra cieco, poi il padre mi domanda di che squadra sono e quasi deluso dalla mia risposta di laconica indifferenza, m'informa che se anche il televisore si vede male, questa sera ci saranno due partite, tra cui la Roma che gioca con il Napoli.
In effetti, poco più tardi, approfitto della sua presenza in stanza, mentre guarda con un certo interesse la partita, per scendere un minuto a respirare un po' d'aria; meglio lo smog che quest'aria forzata d'ospedale.
Così cerco di ritrovare un po' di lucidità lasciando andare lo sguardo sul panorama che dal Gianicolo si gode. Quante volte ho guardato la città da quassù, la stessa città, ma ogni volta un'orizzonte diverso.
E' proprio così: ciò che guardiamo, ogni cosa, è solo una scusa, un pretesto, in realtà ciò che vediamo è dentro di noi.
Di nuovo in stanza, mi aggiorna del risultato della partita, sorrido dentro di me, mi sdraio come posso nel piccolo letto, abbraccio Jonathan che ogni tanto con quella confusione sussulta un po'.
Nessun pensiero, cerco solo la strada attraverso quelle cupe sensazioni...
Chi ha accompagnato un figlio ancor prima che compisse la sua prima settimana di vita, su un tavolo operatorio e vede il suo sguardo disperato mentre gli premono a forza una mascherina per addormentarlo è una persona a cui non si può più far male, perché anche il dolore più forte ha il senso di una carezza.
Mentre scrivo ogni tanto sento i respiri più profondi di Jonathan, che ormai non mi crede più quando gli dico di non preoccuparsi, ormai conosce i colori dei camici, però non ha altra scelta che aggrapparsi a me in quell'inutile e disperato tentativo di eluderli, piange, ma appena può, torna a sorridere e a giocare come se niente fosse accaduto.
Sono perfettamente consapevole che l'inferno esiste in terra, l'inferno sono i complessi psicologici umani e ciò che questi generano.
In un momento tutto è chiaro: zombi attratti da altri zombi.
Come in un grande circo dove ci sono i clown, gli addestratori, gli acrobati, ecc.; qui ci sono i volontari, le suore, i preti, le donne delle pulizie, gli allievi, ecc.
Ognuno recita un copione, solo per raccogliere briciole di disperazione.
Le persone sono qui, ed anche io, per un preciso motivo, per un preciso errore.
A volte ho la forte percezione di vedere questi errori, di vedere questi esseri, come ombre di un'umanità che non potranno essere e che neanche sospetteranno mai possa esistere.
"Lascia che i morti seppelliscano i propri morti."
Tante cose mi diventano chiare; è un enorme inganno che si paga con sofferenze non descrivibili, ma pur sempre un inganno.
Qualcosa preclude il passaggio a nord-ovest, qualcosa cela la semplice via di ciò che la vita in se tranquillamente prevede; qualcosa di dannatamente forte e che trae forza dalla stessa vita.
Se il gioco, come penso, è perfetto, niente può essere più forte della nostra Anima, ed allora perché spesso questa perde? Alla fine questa non perde mai; esclusivamente noi perdiamo.
Mi torna alla mente l'antica dicotomia tra il bene ed il male; ovviamente il Bene è più forte perché in grado di vita "autonoma", ma spesso vince il male; in quanto, privo di forza in se, trae il suo vigore dal bene stesso.
In quest'ottica la lotta tra il bene ed il male è una falsa dicotomia; personalmente, non credo che esista.
Inizia ad esistere esclusivamente quando il "Bene" comincia a farsi corrompere, quindi, ha già perso; quando la nostra anima permette di farsi condurre da qualche pensiero, quindi, comincia a farsi alterare, a qual punto ha già perso.
E' come se credessimo, guardandoci allo specchio, che noi siamo i nostri vestiti, che noi siamo l'immagine che vediamo riflessa. E' come se credessimo che i nostri pensieri sono noi. E' come se cominciassimo a credere che la nostra Anima possa adeguarsi ai nostri pensieri.
Eppure molta dell'umanità che conosco è talmente presuntuosa d' immaginare che la propria morale, i propri valori, il proprio credo, possa essere vero ed assoluto, funzionale e magari anche risolutivo.
Io so che nessuna convinzione, nessuna morale, nessun credo è in grado di salvare anche una sola anima; esiste un solo modo, adeguare i pensieri all'Anima e non viceversa,
questo è l'unico modo di trovare quel passaggio a nord-ovest....
Sono stanco e mentre qualche bambino ancora piange, un' altra notte all'inferno mi attende, ed io gli andrò incontro nell'unico modo che conosco: a piedi scalzi, da Uomo...
... sono ancora in viaggio.
Prendo maggiore coscienza delle sensazioni viscerali, cerco di capire se la testa è in grado di seguirle e, dopo aver scelto una fotografia tra quelle selezionate e titolate senza un vero ragionamento, scrivo di getto ciò che sento.
Saranno in tutto 21 capitoli, oggi sarebbe stata la volta del quattordicesimo, se non sbaglio.
Sarebbe stata, perché le sensazioni viscerali che percepisco sono solo simili a solchi tracciati con affilate lame e la testa è così pesante e intorpidita da credere quasi a se stessa, come se potessi credere che i vestiti che indosso o ciò che vedo nello specchio potessi essere io.
Oggi è il 19 dicembre 2011, sono in quello che gli uomini chiamano ospedale, un piccolo bambino dorme di fronte a me, a fatica vedo i tasti del computer poggiato sul carrellino che serve per mangiare quando si è a letto.
Tutto qui è sigillato, finestre, porte e l'aria che forzosamente viene immessa fa vibrare qualche pannello del controsoffitto senza sosta, attraverso i vetri posso vedere, oltre alla cupola della basilica di San Pietro, molte luci colorate ed intermittenti: mi ricordano che tra pochi giorni sarà Natale.
Non so se troverò mai il mio passaggio a nord-ovest, però è l'unico motivo per cui abbia un senso vivere per me.
Riesco a dare un senso a molte cose che vedo, poi mi domando se il senso che gli do sia vero, se davvero ci sia un motivo.
A me interessa esclusivamente capire, oltre ogni morale, oltre ogni emozione, mi interessa solo quel passaggio, quello a nord-ovest.
Nella stanza dove sono, ci sono due piccoli letti e due poltrone, che di notte fungono da materasso per il genitore che deve rimanere accanto al proprio figlio.
La scorsa notte il piccolo letto affianco a me era occupato da un bambino di 4 anni, che aveva subito un'operazione al cervello con lo scopo di asportare un tumore ed a causa di questa, era divenuto cieco.
Davide, così si chiama.
Un bambino moto vitale, che sembrava per nulla turbato dal fatto di non vedere, camminava per la stanza, correva, giocava.
La madre gli spiegava di me e di Jonathan, allora lui si è avvicinato a noi per poterlo conoscere, ha infilato la sua piccola mano attraverso la spalliera del letto e delicatamente lo ha toccato, esclamando allo stesso tempo "Com'è piccolo!". Lui è?
E' proprio vero che tutto è relativo.
La madre, in attesa di un altro figlio ed ormai oltre l'ottavo mese, mi spiegava che la malattia, così chiamava il tumore al cervello di suo figlio, si era fatta di nuovo viva in un'altra zona dopo due anni di chemioterapia, per questo motivo, suo figlio doveva sottoporsi ad altro e difficilissimo intervento.
Chi ha vissuto queste situazioni, sa che non è come parlare con un amico davanti ad un buon piatto di pasta, qui racconti qualcosa al tuo vicino di letto nel tentativo di rendere meno penoso ciò che stai vivendo e questo avviene mentre cerchi di stare attento a tuo figlio, che non cada dal letto o che non si strappi via qualche ago o qualche strana sonda, e tutto questo, mentre infermieri ed infermiere di ogni tipo passano facendo qualcosa in ogni momento.
Neurochirurgia pediatrica è un reparto molto particolare, chi passa di qui conosce la vita da un punto di vista non comune e purtroppo lo conosco da molto tempo.
Nel frattempo è arrivato il padre, un simpatico muratore ancora non quarantenne, motivato e fortemente deciso a passare la notte con il figlio, ben conscio che potrebbe essere l'ultima.
Ovviamente io, sono il meno organizzato di tutti, non ho portato quasi nulla con me, ne tanto meno qualche gioco, così ché loro avvedutosi di questo non fanno altro che passarmi qualche giocattolo del figlio, stando attenti a che lui, molto geloso, non se ne accorga: "Tanto non vede.".
Mi raccontano che loro si comportano con il figlio come se vedesse, in effetti il figlio non sembra cieco, poi il padre mi domanda di che squadra sono e quasi deluso dalla mia risposta di laconica indifferenza, m'informa che se anche il televisore si vede male, questa sera ci saranno due partite, tra cui la Roma che gioca con il Napoli.
In effetti, poco più tardi, approfitto della sua presenza in stanza, mentre guarda con un certo interesse la partita, per scendere un minuto a respirare un po' d'aria; meglio lo smog che quest'aria forzata d'ospedale.
Così cerco di ritrovare un po' di lucidità lasciando andare lo sguardo sul panorama che dal Gianicolo si gode. Quante volte ho guardato la città da quassù, la stessa città, ma ogni volta un'orizzonte diverso.
E' proprio così: ciò che guardiamo, ogni cosa, è solo una scusa, un pretesto, in realtà ciò che vediamo è dentro di noi.
Di nuovo in stanza, mi aggiorna del risultato della partita, sorrido dentro di me, mi sdraio come posso nel piccolo letto, abbraccio Jonathan che ogni tanto con quella confusione sussulta un po'.
Nessun pensiero, cerco solo la strada attraverso quelle cupe sensazioni...
Chi ha accompagnato un figlio ancor prima che compisse la sua prima settimana di vita, su un tavolo operatorio e vede il suo sguardo disperato mentre gli premono a forza una mascherina per addormentarlo è una persona a cui non si può più far male, perché anche il dolore più forte ha il senso di una carezza.
Mentre scrivo ogni tanto sento i respiri più profondi di Jonathan, che ormai non mi crede più quando gli dico di non preoccuparsi, ormai conosce i colori dei camici, però non ha altra scelta che aggrapparsi a me in quell'inutile e disperato tentativo di eluderli, piange, ma appena può, torna a sorridere e a giocare come se niente fosse accaduto.
Sono perfettamente consapevole che l'inferno esiste in terra, l'inferno sono i complessi psicologici umani e ciò che questi generano.
In un momento tutto è chiaro: zombi attratti da altri zombi.
Come in un grande circo dove ci sono i clown, gli addestratori, gli acrobati, ecc.; qui ci sono i volontari, le suore, i preti, le donne delle pulizie, gli allievi, ecc.
Ognuno recita un copione, solo per raccogliere briciole di disperazione.
Le persone sono qui, ed anche io, per un preciso motivo, per un preciso errore.
A volte ho la forte percezione di vedere questi errori, di vedere questi esseri, come ombre di un'umanità che non potranno essere e che neanche sospetteranno mai possa esistere.
"Lascia che i morti seppelliscano i propri morti."
Tante cose mi diventano chiare; è un enorme inganno che si paga con sofferenze non descrivibili, ma pur sempre un inganno.
Qualcosa preclude il passaggio a nord-ovest, qualcosa cela la semplice via di ciò che la vita in se tranquillamente prevede; qualcosa di dannatamente forte e che trae forza dalla stessa vita.
Se il gioco, come penso, è perfetto, niente può essere più forte della nostra Anima, ed allora perché spesso questa perde? Alla fine questa non perde mai; esclusivamente noi perdiamo.
Mi torna alla mente l'antica dicotomia tra il bene ed il male; ovviamente il Bene è più forte perché in grado di vita "autonoma", ma spesso vince il male; in quanto, privo di forza in se, trae il suo vigore dal bene stesso.
In quest'ottica la lotta tra il bene ed il male è una falsa dicotomia; personalmente, non credo che esista.
Inizia ad esistere esclusivamente quando il "Bene" comincia a farsi corrompere, quindi, ha già perso; quando la nostra anima permette di farsi condurre da qualche pensiero, quindi, comincia a farsi alterare, a qual punto ha già perso.
E' come se credessimo, guardandoci allo specchio, che noi siamo i nostri vestiti, che noi siamo l'immagine che vediamo riflessa. E' come se credessimo che i nostri pensieri sono noi. E' come se cominciassimo a credere che la nostra Anima possa adeguarsi ai nostri pensieri.
Eppure molta dell'umanità che conosco è talmente presuntuosa d' immaginare che la propria morale, i propri valori, il proprio credo, possa essere vero ed assoluto, funzionale e magari anche risolutivo.
Io so che nessuna convinzione, nessuna morale, nessun credo è in grado di salvare anche una sola anima; esiste un solo modo, adeguare i pensieri all'Anima e non viceversa,
questo è l'unico modo di trovare quel passaggio a nord-ovest....
Sono stanco e mentre qualche bambino ancora piange, un' altra notte all'inferno mi attende, ed io gli andrò incontro nell'unico modo che conosco: a piedi scalzi, da Uomo...
... sono ancora in viaggio.
Pubblicato da
Fabrizio Rinaldi
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