Ero seduto affianco a lui, che, in realtà, sembrava, forse a ragione, gradire poco la mia presenza.
Eppure un sottile legame ci univa, in quella grande, deserta spiaggia.
Eravamo li, entrambi guardavamo avanti, con lo sguardo fiero.
Così, in quel modo semplice, che la natura ha previsto, senza aver nulla da dimostrare a qualcuno, ne' a noi stessi. Guerrieri solitari, che guardano, per un breve momento, il mare.
Gli animali, a meno che non vivano con gli esseri umani, non conoscono la resa, ma solo il perfetto sincronismo al tutto a cui si apparteniene.
Un grande Uomo, senza dubbio il più grande che abbia mai conosciuto, tra le molteplici e svariate caratteristiche, che affermava dovesse possedere uno scienziato, un Uomo, oltre, ovviamente, al fatto di dover essere felice e realizzato, ne citava una, che mi fatto riflettere; si domandava: quanto è grande quest'uomo nel momento del dolore? Dolore fisico, della guerra, nel carcere, nella separazione.
Tra le, davvero, molte esperienze e capacità, da lui evidenziate, in questo momento, proprio questa, mi trova sensibile.
Penso a me stesso, a come ho affrontato quei momenti, sono così tanti, che le profonde cicatrici hanno finito per confondersi una sull'altra. Certo, ora è relativamente facile scrivere, ma ci sono momenti in cui la ragione arriva a giocare brutti scherzi, in cui si supera una soglia, un confine, che ti cambia per sempre.
E allora quell' Uomo quant'è grande, in quei momenti?
In certi momenti è come se il cuore sentisse nostalgia, sentisse di voler condividere, di voler coessere, la nostalgia all'uno, ad un Amore.
Non parlo, di quello dove la moglie ti prepara uno o più pasti caldi al giorno, o viceversa.
Quello fatto di doveri che alla fine divengono obblighi e responsabilità, quello fatto di orari da rispettare, spesso di convenienze.
Non parlo di quello che serve a riempire i propri limiti, i propri vuoti, le proprie paure, insicurezze, qualcuno che ti dia qualcosa che nessuno, se non te stesso, può darti.
Non parlo della canonica famiglia, che vedo intorno, dei mille ricatti e sotterfugi.
Non parlo dell'unione forzosa di due persone non evolute, che non conoscono neanche se stesse. Non parlo di queste aberrazioni, che purtroppo, costituiscono la semplice normalità Non parlo dell'uomo che vuole la mamma e della donna il suo principe azzurro, ed in questo massacrano le proprie esistenze, esistono senza Essere.
Non parlo neanche di chi ti vuole stare affianco e che alla fine diventa la tua prigione, non parlo di tutte le situazione complessuali, fuori dalle quali, ad oggi, non ho visto nessuno.
Parlo, invece, di quell'avvicinarsi cauto di un anima ad un'altra.
E' un tempio, è la casa degli Dei ed è un luogo difficilmente accessibile.
C'e' luce, no è calore; calore che senti e che sei anche tu.
Non ci sono orari, né pasti caldi da cucinare per dovere; c'e' solo piacere del fare, di condividere, se l'occasione si verifica.
E' la casa dove abita Dio, almeno quello che conosco io.
In questa casa non si entra facilmente.
Si entra solo se sei divenuto, se sei un Uomo od una Donna. Se hai fatto la tua storia, se quando smetti ogni pensiero ti rimane qualcosa, se hai mangiato la vita, se non hai più miti.
Nella casa di Dio, ognuno continua a fare la propria storia, senza regole fisse, ogni giorno se ne conquista l'accesso.
E' un'intesa così profonda, che razionalmente sfugge, fisicamente si percepisce nello stomaco, maggiormente, ma anche questo può variare.
Poi gli occhi, solo loro riescono sfiorare a carezzare la parte più prossima all'anima: il campo eterico.
Poi c'e' la musica di ogni gioco possibile: passione, complicità, silenzi, abbracci, affetti.
La precisione di sfiorare quel punto del corpo, che l'anima in quel momento intenziona, ed è già cambiato.
Nella casa di Dio c'e' sempre la musica e tu ne sei una nota, non mi riferisco a Dio in senso religioso, ovviamente.
Un anima che amplifica l'altra, usando il tempo che ci è dato.
Sentire o meno la sua presenza a chilometri prima di arrivare e già sapere...
Ti vedo, senza usare gli occhi... Ascolto il tuo profumo, senza usare l'olfatto...
Sento la tua musica, senza usare l'udito...Quando ti sfioro, tutto è già accaduto...
E' un luogo dove la pretesa non comincia proprio e dove la complicità amplifica l'intelligenza.
Da bambino avrei voluto crescere in una casa così, invece sono cresciuto in una famiglia come quella che tutti conosciamo, forse neanche quella.
E in una casa come questa che avrei voluto far crescere i miei figli, se ne avessi avuti, beh uno l'ho avuto.
C'e' solo un piccolo problema, anzi due: quanto potrei vivere in questa casa senza sbagliare? Una donna così dove la trovo?
E allora non mi rimane, che godermi un po' di nostalgia, in compagnia di un ignaro e solitario gabbiano, che comunque, da grande guerriero, pone lo sguardo fiero, in avanti, verso il mare...ed io con lui.
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