lunedì 19 dicembre 2011

Passaggio a nord ovest

Questa sera avevo desiderio di scrivere un altro capitolo su quello che ho chiamato "Il sogno...ciò che serve per realizzarlo", ma come ogni volta prima di scrivere, faccio un "breve inventario" di me stesso.
Prendo maggiore coscienza delle sensazioni viscerali, cerco di capire se la testa è in grado di seguirle e, dopo aver scelto una fotografia tra quelle selezionate e titolate senza un vero ragionamento, scrivo di getto ciò che sento.
Saranno in tutto 21 capitoli, oggi sarebbe stata la volta del quattordicesimo, se non sbaglio.


Sarebbe stata, perché le sensazioni viscerali che percepisco sono solo simili a solchi tracciati con affilate lame e la testa è così pesante e intorpidita da credere quasi a se stessa, come se potessi credere che i vestiti che indosso o ciò che vedo nello specchio potessi essere io.


Oggi è il 19 dicembre 2011, sono in quello che gli uomini chiamano ospedale, un piccolo bambino dorme di fronte a me, a fatica vedo i tasti del computer poggiato sul carrellino che serve per mangiare quando si è a letto.


Tutto qui è sigillato, finestre, porte e l'aria che forzosamente viene immessa fa vibrare qualche pannello del controsoffitto senza sosta, attraverso i vetri posso vedere, oltre alla cupola della basilica di San Pietro, molte luci colorate ed intermittenti: mi ricordano che tra pochi giorni sarà Natale.


Non so se troverò mai il mio passaggio a nord-ovest, però è l'unico motivo per cui abbia un senso vivere per me.
Riesco a dare un senso a molte cose che vedo, poi mi domando se il senso che gli do sia vero, se davvero ci sia un motivo. 
A me interessa esclusivamente capire, oltre ogni morale, oltre ogni emozione, mi interessa solo quel passaggio, quello a nord-ovest.


Nella stanza dove sono, ci sono due piccoli letti e due poltrone, che di notte fungono da materasso per il genitore che deve rimanere accanto al proprio figlio.
La scorsa notte il piccolo letto affianco a me era occupato da un bambino di 4 anni, che aveva subito un'operazione al cervello con lo scopo di asportare un tumore ed a causa di questa, era divenuto cieco.
Davide, così si chiama.


Un bambino moto vitale, che sembrava per nulla turbato dal fatto di non vedere, camminava per la stanza, correva, giocava.
La madre gli spiegava di me e di Jonathan, allora lui si è avvicinato a noi per poterlo conoscere, ha infilato la sua piccola mano attraverso la spalliera del letto e delicatamente lo ha toccato, esclamando allo stesso tempo "Com'è piccolo!".  Lui è? 
E' proprio vero che tutto è relativo.


La madre, in attesa di un altro figlio ed ormai oltre l'ottavo mese, mi spiegava che la malattia, così chiamava il tumore al cervello di suo figlio, si era fatta di nuovo viva in un'altra zona dopo due anni di chemioterapia, per questo motivo, suo figlio doveva sottoporsi ad altro e difficilissimo intervento.


Chi ha vissuto queste situazioni, sa che non è come parlare con un amico davanti ad un buon piatto di pasta, qui racconti qualcosa al tuo vicino di letto nel tentativo di rendere meno penoso ciò che stai vivendo e questo avviene mentre cerchi di stare attento a tuo figlio, che non cada dal letto o che non si strappi via qualche ago o qualche strana sonda, e tutto questo, mentre infermieri ed infermiere di ogni tipo passano facendo qualcosa in ogni momento. 


Neurochirurgia pediatrica è un reparto molto particolare, chi passa di qui conosce la vita da un punto di vista non comune e purtroppo lo conosco da molto tempo.


Nel frattempo è arrivato il padre, un simpatico muratore ancora non quarantenne, motivato e fortemente deciso a passare la notte con il figlio, ben conscio che potrebbe essere l'ultima.


Ovviamente io, sono il meno organizzato di tutti, non ho portato quasi nulla con me, ne tanto meno qualche gioco, così ché loro avvedutosi di questo non fanno altro che passarmi qualche giocattolo del figlio, stando attenti a che lui, molto geloso, non se ne accorga:  "Tanto non vede.". 


Mi raccontano che loro si comportano con il figlio come se vedesse, in effetti il figlio non sembra cieco, poi il padre mi domanda di che squadra sono e quasi deluso dalla mia risposta di laconica indifferenza, m'informa che se anche il televisore si vede male, questa sera ci saranno due partite, tra cui la Roma che gioca con il Napoli.


In effetti, poco più tardi, approfitto della sua presenza in stanza, mentre guarda con un certo interesse la partita, per scendere un minuto a respirare un po' d'aria; meglio lo smog che quest'aria forzata d'ospedale. 
Così cerco di ritrovare un po' di lucidità lasciando andare lo sguardo sul panorama che dal Gianicolo si gode. Quante volte ho guardato la città da quassù, la stessa città, ma ogni volta un'orizzonte diverso. 
E' proprio così: ciò che guardiamo, ogni cosa, è solo una scusa, un pretesto, in realtà ciò che vediamo è dentro di noi.


Di nuovo in stanza, mi aggiorna del risultato della partita, sorrido dentro di me, mi sdraio come posso nel piccolo letto, abbraccio Jonathan che ogni tanto con quella confusione sussulta un po'.


Nessun pensiero, cerco solo la strada attraverso quelle cupe sensazioni...


Chi ha accompagnato un figlio ancor prima che compisse la sua prima settimana di vita, su un tavolo operatorio e vede il suo sguardo disperato mentre gli premono a forza una mascherina per addormentarlo è una persona a cui non si può più far male, perché anche il dolore più forte ha il senso di una carezza.


Mentre scrivo ogni tanto sento i respiri più profondi di Jonathan, che ormai non  mi crede più quando gli dico di non preoccuparsi, ormai conosce i colori dei camici, però non ha altra scelta che aggrapparsi a me in quell'inutile e disperato tentativo di eluderli, piange, ma appena può, torna a sorridere e a giocare come se niente fosse accaduto.


Sono perfettamente consapevole che l'inferno esiste in terra, l'inferno sono i complessi psicologici umani e ciò che questi generano. 
In un momento tutto è chiaro: zombi attratti da altri zombi. 


Come in un grande circo dove ci sono i clown, gli addestratori, gli acrobati, ecc.; qui ci sono i volontari, le suore, i preti, le donne delle pulizie, gli allievi, ecc.
Ognuno recita un copione, solo per raccogliere briciole di disperazione.


Le persone sono qui, ed anche io, per un preciso motivo, per un preciso errore.
A volte ho la forte percezione di vedere questi errori, di vedere questi esseri, come ombre di un'umanità che non potranno essere e che neanche sospetteranno mai possa esistere.


"Lascia che i morti seppelliscano i propri morti."


Tante cose mi diventano chiare; è un enorme inganno che si paga con sofferenze non descrivibili, ma pur sempre un inganno.


Qualcosa preclude il passaggio a nord-ovest, qualcosa cela la semplice via di ciò che la vita in se tranquillamente prevede; qualcosa di dannatamente forte e che trae forza dalla stessa vita.


Se il gioco, come penso, è perfetto, niente può essere più forte della nostra Anima, ed allora perché spesso questa perde? Alla fine questa non perde mai; esclusivamente noi perdiamo.


Mi torna alla mente l'antica dicotomia tra il bene ed il male; ovviamente il Bene è più forte perché in grado di vita "autonoma", ma spesso vince il male; in quanto, privo di forza in se, trae il suo vigore dal bene stesso.


In quest'ottica la lotta tra il bene ed il male è una falsa dicotomia; personalmente, non credo che esista.
Inizia ad esistere esclusivamente quando il "Bene" comincia a farsi corrompere, quindi, ha già perso; quando la nostra anima permette di farsi condurre da qualche pensiero, quindi, comincia a farsi alterare, a qual punto ha già perso.


E' come se credessimo, guardandoci allo specchio, che noi siamo i nostri vestiti, che noi siamo l'immagine che vediamo riflessa. E' come se credessimo che i nostri pensieri sono noi. E' come se cominciassimo a credere che la nostra Anima possa adeguarsi ai nostri pensieri. 


Eppure molta dell'umanità che conosco è talmente presuntuosa d' immaginare che la propria morale, i propri valori, il proprio credo, possa essere vero ed assoluto, funzionale e magari anche risolutivo.


Io so che nessuna convinzione, nessuna morale, nessun credo è in grado di salvare anche una sola anima; esiste un solo modo, adeguare i pensieri all'Anima e non viceversa,


questo è l'unico modo di trovare quel passaggio a nord-ovest.... 


Sono stanco e mentre qualche bambino ancora piange, un' altra notte all'inferno mi attende, ed io gli andrò incontro nell'unico modo che conosco: a piedi scalzi, da Uomo...


... sono ancora in viaggio.

venerdì 21 ottobre 2011

21 ottobre 2011

2011 ben oltre la data di tutti i film di fantascienza che vedevo, ormai, molti anni fa, eppure eccomi qui.


2011, 21 ottobre


La vita è quello che ti accade mentre sei occupato a fare altri progetti. "John Lennon".


Non sono d'accordo, la vita è ciò che costruisci con la tua ultima e più vera intenzione, anche se non sarai mai in grado di accedervi razionalmente e quindi di esserne cosciente.


Il progetto della vita è semplice, è perfetto.


Un anima, che attraverso un corpo, rende storia l'intenzione, rende storia il progetto; realizzato il progetto, torna  a casa, magari per un altro gioco.


Poi c'e' la piccola mente dell'uomo, così effimera da non poter neanche pensare l'eterno, l'infinito, ma forse a causa di un informazione fallace non più capace di capire che l'unica possibilità che ha di partecipare al gioco è quella di servire la propria anima.


Tutto qui.


Conduciamo vite senza alcun senso, seguiamo convinzioni, copioni, che si trasmettiamo da generazione a generazione, in base alla propria specifica cultura.


La vita ci chiede semplicemente di realizzare il progetto, il nostro individuale progetto, invece noi cominciamo a pensare e a voler realizzare ad un sacco di cose totalmente inutili: famiglia, figli, lavoro, casa, sicurezze, ecc.


Sicurezze di cosa? Usiamo tutta la nostra vita per comprare cose, per possedere.
"Questo terreno è il mio!"  Quel terreno esiste da molto prima che tu venissi al mondo ed esisterà per molto tempo dopo che tu sarai scomparso.


Dobbiamo fare come il salmone, risalire la corrente, la corrente di tutto quello che pensiamo di sapere, di tutte le nostre più radicate convinzioni e certezze, dobbiamo tornare a casa, se vogliamo guadagnarci il piacere della morte, altrimenti ne conosceremo solo l'estrema, inappellabile disperazione, quella che anche il maggior proprietario di terra o di ricchezza al mondo subirà.


Non sono contro nulla, ho massimo rispetto per tutti, anche per le religioni, mi rendo conto che per una gran parte dell'umanità sono necessarie, inoltre penso siano necessarie per mantenere un certo equilibrio; ma so,  che ci sono uomini a cui la religione non è e non può essere sufficiente.


Mi piace scrivere spesso che la libertà non esiste, ovvero siamo solo liberi di sbagliare;  il senso è questo:
noi abbiamo un progetto da realizzare, non abbiamo scelta, possiamo solo scegliere di non realizzarlo facendo altro, cioè, siamo solo liberi di sbagliare.


La vita è perfetta, non prevede prove d'appello, non prevede scuse, ne scusanti; noi decidiamo e scegliamo la nostra vita sempre e comunque.


Sarebbe poco efficiente che la Vita si preoccupasse di stupide marionette con manie di grandezza, avvalorerebbe, sarebbe complice di un errore e questo non è possibile, la perfezione non prevede l'errore.


Oggi hai 18 mesi, 18 mesi fa hai cominciato il tuo rientro a casa, come il salmone!


Non posso prometterti niente, la vita è un viaggio solitario, si viaggia scalzi, è un viaggio talmente bello che devi solo viverlo ed io non posso insegnarti come e non sarebbe giusto.
Posso solo indicarti la direzione, mi auguro di poter vedere i tuoi passi sul tuo sentiero, mi auguro che  continuerò a camminare sul mio; come il salmone...vinci il tuo gioco!


giovedì 22 settembre 2011

In un volo di gabbiani: San Pietro

Emozioni:
ti sorprendono, ti stupiscono;
certe emozioni, parlano dritte al cuore,
la mente fatica a capire, non capisce,


in un attimo sei a casa, quella da dove sempre abiti,
anche se mai l'avevi conosciuta:


Quella bianca montagna,
che ti riporta ad antiche mitologie,
a civiltà che furono,
vestigia di Atlantide, dove il falco della regina trova il suo nido:
Cala Fico, ti toglie il respiro, ti porta lontano, fuori dal mondo. 


Ma la storia continua, allora, 
riprendi la strada, verso quella gente esule, che ne fece rifugio,
verso il paese: Carloforte.


Ogni anno torno a casa anch'io,
ormai da trent'anni, in quei luoghi, che mi videro ragazzo,
che mi videro lavorare, che mi videro pescare, che mi videro vivere,
in quei luoghi, dove conservo ancora, amori nascosti,
che porto da sempre con me.


In quei luoghi che mi diedero i giorni più forti,
i giorni più belli,
dove la natura prende il sopravvento,
ti mette a nudo, ti dà la forza o ti uccide.


Mare speciale, gente forte, indomita, mai piegata,
albe e tramonti al centro del mediterraneo, al centro del mondo,


in un isola fuori dal tempo,
dove qualcuno fa la propria casa, 
dove io ho trovato la mia.








...Che tu possa sempre sorridere!


Ti ho seguita ben oltre ogni terra da me conosciuta.

Ti ho cercato: vagavi come ombra, 
in un luogo dove non ero mai stato,

avrei voluto portarti indietro; a casa, con me,

ma nessuna voce attraversava quella nebbia,
nessuna luce perforava quello spazio,

senza che tu te ne accorgessi ti ho portato in braccio,
vedevo perderti; mai avrei sfiorato la tua libertà.

Ho conosciuto luoghi dove ogni pensiero moriva prima di nascere; tu non potevi vedermi.

 Ti ho visto piangere, ti ho visto ridere, ti ho visto.

Avrei condiviso la mia anima,
avrei rischiato tutto,
ti avrei amata,

e l'ho fatto.

Non mi hai visto e non mi vedrai,
ti ho lasciato allontanare, lentamente; 

avrei attraversato l'inferno con il sorriso,
ti avrei guardato per ore senza dire nulla,
sarei stato seduto accanto alla tua anima, anche se il tempo della vita non sarebbe bastato,

e l'ho fatto.

Sono tornato a casa; solo, ho ripreso il cammino,
ovunque sarai...

venerdì 2 settembre 2011

Così come scorre.

"Non sempre si può capire tutto,
non sempre si può rimanere negli schemi,

questa sera, voglio viaggiare senza riferimenti".




Comincia il viaggio...

Ultima sera, prima del rientro!

Sento il mare, la sua calma musica, il suo profumo, 
la sua forza,
la sua indifferenza,
la sua assenza, la sua presenza,

il suo spirito, 

ascolto e percepisco, molti sono con me,
mi arrivano le immagini,
molte, le sensazioni, 
ricordo ciò che credevo:

la lotta tra il bene ed il male.
tra morale ed immorale,
tra giusto e sbagliato,
tra sentimento e ragione,
tra verità e bugia,
tra falso e corretto,
tra vero e...

sento il dolore di tutto questo,
è un dolore fisico,
è un dolore dell'anima,

ma ora vedo che tutto ciò non esiste,
frutto solo della decadenza della nostra Umanità.

Ora viaggio nel tempo,
incontro Uomini che sono da  sempre,

viaggiatori anch'essi,
ma ormai senza possibilità di storicizzarsi,
possibilità che ora ho io, 
e che passerà, come è passata per loro.

Amici, senza tempo, 
la mia realtà scorre altrove,

scorre dove non c'e' lotta,
dove il suono del mare diventa musica,
dove a volte vorrei lasciare questa storia, dove la mente annebbiata ritrova se stessa,

se potessi, uscirei dal gioco ora!

Forse vorrei,
e credo potrei,

ma molte cose mi tengono qui: 
delle cose ancora da fare,
qualche amore,
un grande errore,
qualche miracolo ancora da compiersi,
degli amici,
un po' di pazzia,
del sano egoismo.

E intanto la musica,
il mare;
perso, cerco la strada,

ma se puoi fotografarne lo spirito,
vuol dire che sei ancora capace,

di quello che gli altri chiamano miracolo.

Lacrime di cui non capisci il senso,
ma che meriti,

per arrivare dove da sempre sei,
non mi basterà l'intelligenza o la ragione,

cerco ancora il passaggio a nord-ovest,
sono in viaggio....

è il senso della vita, della mia, 


tutto il resto è nulla,

sono in viaggio...