Ho visto un film ieri, scritto diretto e prodotto da B.Bird, considerato una sorta di bambino prodigio.
Il film tocca molteplici punti emotivi dell'uomo, non mi riferisco al messaggio palese che si vuole comunicare, mi riferisco piuttosto, al rapporto uomo/donna, a quello macchina/uomo e a certi "particolari" bambini.
Il bambino protagonista del film ha la stessa età in cui lo scrittore realizzò il suo primo cortometraggio, quello che venne poi notato da Milt Kahl, uno dei più importanti animatori della Walt Disney Company.
Sono bambini capaci di mettere in crisi, in scacco gli adulti; utilizzano, giocano le loro debolezze o i loro punti di forza allo stesso modo con lo stesso fine.
L'unico personaggio del film in grado di cambiare la programmazione, alla fine viene ucciso, prorio da quel bambino "prodigio" protagonista del film.
Questo l'aveva scartato da subito per la selezione a cui il "bambino prodigio" si era presentato per partecipare, e questo non gli verrà perdonato.
Ovviamente, questo bambino intercetta subito il robot, nella forma di un'accattivante bambina, e se ne innamora.
Così gli spettatori sono "costretti" a passare per il suo "inferno", mascherato di buoni propositi e "sani" valori.
Ci si ritrova a "parteggiare" per quel bambino, ormai adulto, praticamente anziano, che sembra aver vissuto una vita ai margini, una vita condotta in una vecchia casa di campagna a difendersi da se stesso.
Anche la coprotagonista, alla fine, si ritrova nel circuito robot; malgrado si sia trovata più volte a sbattere contro muri, pareti, cadere dalle scale o a camminare in uno stagno.
Le sue difese e diffidenze vengono infrante, la curiosità diventa sua nemica e la sua intelligenza messa a minimo comun denominatore della macchina.
In fondo la fine del film è scontata: un mondo invaso da robot, da robot bambini, che vanno in cerca degli ultimi, "quelli che non si sono arresi, che non hanno smesso di sognare".
Schiavi, praticamente i logo-modelli tranquillamente previsti dal sistema.
Tutto a vantaggio della macchina, la macchina per la macchina.
I valori più nobili dell'Uomo, usati come semplice merce ad uso dei robot, le emozioni usate a consumo della macchina.
In effetti, sembrerebbe non esserci via d'uscita nel film, per chi ci entra, per chi è curioso, per chi intercetta il robot, quei "particolari" bambini o l'infantile amore e perchè no, quei falsi ideali.
La via d'uscita invece esiste! Perchè è sufficiente non entrare, non essere curiosi di ciò che è scontato, non entrare nel gioco, non nutrire nè il lupo bianco nè quello nero, perchè in entrambi i casi, si nutre comunque un lupo...
Non si può uccidere nè eliminare la macchina che è in noi, si può solo smettere di nutrirla... E quando vedi film di questo genere, ricordi quanto sia forte, imbattibile se affrontata con curiosità, emozione e sani valori...
Eppure fuori da quella città "macchina perfetta" esaltata ed ambita nel film, attraverso un'apertura, che proprio l'apparente "cattivo" poi ucciso dal bambino, da modo di aprire, si vede il mare... Ancora possibile...
Già! :)
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